Marco Polo, Pierfrancesco Favino a Blogo: “E’ una serie global, il cast sembra Giochi senza frontiere! In Suburra-La Serie? Ci sono tanti ragionamenti da fare” (video)
Pierfrancesco Favino, presente al lancio di Netflix in Italia, ha raccontato a Blogo quali sono i temi di Marco Polo ed ha commentato la distribuzione internazionale di Suburra
Tra i numerosi attori internazionali presenti per il lancio di Netflix in Italia c’è anche Pierfrancesco Favino, nel cast di Marco Polo, serie tv che vanta, oltre a lui, altri due italiani nel cast. Con lui, Blogo ha parlato del messaggio che vuole trasmettere lo show, ma anche della singolarità di questa esperienza.
Inoltre, abbiamo chiesto a Favino un commento sulla distribuzione di “Suburra” da parte di Netflix, e se sarà coinvolto nella serie tv omonima.
Sei un italiano d’esportazione…
“Mi sento una bufala così, nel senso della mozzarella! Devo dire che io sono qua, ma in realtà Marco Polo si chiama Lorenzo Richelmy, un altro italiano che più di me è presente nella serie”.
Poi c’è un altro italiano, lo zio di Marco Polo…
“Corrado Invernizzi…”
E’ molto italiana questa serie, anche le riprese sono state effettuate in Italia…
“Abbiamo iniziato a Venezia, dopodichè siamo andati in Kazakistan ed in Malesia, però sicuramente stiamo parlando di un ragazzo italiano ed è molto bello che sia un italiano a farlo, un ragazzo di grandissimo talento, tra l’altro”.
Quindi l’Italia è molto presente…
“Beh, è presente l’italianità, stiamo parlando di un eroe nazionale, ed è presente nel fatto che stiamo parlando del fatto che probabilmente all’epoca pochi avrebbero avuto il coraggio di prendere ed andare dopo tre anni di viaggio ad incontrare un mondo raccontato come se fosse l’inferno. Stiamo parlando di un momento in cui non si sapeva dove finiva il mondo, stiamo parlando di un momento storico in cui le persone che si avventuravano non sapevano quando sarebbero tornare e se mai fossero tornate. Per cui, è un livello d’avventura straordinario. ‘Il Milione’ è un racconto avventuroso”.
C’è forse un messaggio, forse un po’ forzato, con il tema attuale dei migranti, che partono anche loro per una terra straniera ma, ovviamente, non per l’avventura?
“Guarda, non credo. Penso invece che il messaggio che c’è, nel senso che è carnalmente presente, è che questa è una serie global. Siamo tutti attori che provengono da parti diverse del mondo. C’è un gruppo di cinesi, coreani, italiani, una troupe per metà francese, attori mongoli, inglesi, per fortuna tutti amici. Quando camminiamo insieme sembriamo davvero ‘Giochi senza frontiere’. Perso che sia questo il racconto che c’è sotto. C’è un’altra serie Netflix che si chiama Sense8 girata in tutto il mondo, con attori di tutto il mondo”.
Credi che questa serie possa rappresentare quindi l’italianità nel mondo?
“No, non credo. Come spesso accade con i loro prodotti, il loro scopo è intrattenere il pubblico in modo intelligente, come dovrebbe essere per il buon cinema e la buona televisione, per cui penso che prima di tutto ci sia il desiderio di fare in modo che le persone che cercano di vederla siano contenti di averla vista”.
A proposito di “Suburra”, è al cinema e sarà distribuito da Netflix…
“E’ già distribuito. Noi siamo usciti il 14 ottobre in sala e nello stesso giorno negli Stati Uniti, in America Latina ed in Canada è stato possibile vedere ‘Suburra’ su Netflix, il che vuol dire che ci sono 50 milioni di persone che hanno la possibilità, cliccando, di vedere questo film e penso che per il cinema italiano sia un volano, un caso unico”.
E poi a maggio sarà disponibile su Netflix Italia, e ci sarà anche la serie tv. Io lì volevo arrivare: sai già qualcosa?
“Io non so ancora nulla. Sono molto contento che si faccia, sono molto contento che abbiano scelto ‘Suburra’ per iniziare questo loro percorso da un punto di vista produttivo. Mi inorgoglisce…”
Saresti disponibile a comparire anche nella serie tv?
“Son tanti i ragionamenti che vanno fatto. Io sono contento del fatto che sia stata scelta una cosa in cui sono coinvolto, sono molto contento che sia un’idea di Stefano (Sollima, regista del film, ndr) e che la Rai e Cattleya riescano a collaborare con una realtà così importante”.
Permetterà alla Rai di fare qualche passo nella qualità delle sue serie?
“Questo non lo so, penso che sicuramente giovani sceneggiatori, giovani registi, giovani attori possano avere la sensazione che all’interno di questa piattaforma ci sono delle libertà creative che forse finora non abbiamo mai visto”.