L’erba dei vicini, Enrico Brignano e la “patente” per fare satira politica
L’intervento “satirico” del comico romano.
Enrico Brignano ha presenziato alla prima puntata de L’erba dei vicini, il nuovo programma condotto da Beppe Severgnini, che ha debuttato ieri in prima serata su Rai 3.
Il comico romano ha esposto la propria opinione satirica riguardo le differenze tra Italia e Germania. L’obiettivo del programma, infatti, è quello di mettere a confronto il Belpaese con altre nazioni del mondo al fine di informare e sfatare pregiudizi.
E’ vero: invitare Brignano in un programma che vuole combattere i luoghi comuni suona come un ossimoro.
In effetti, il monologo del comico romano, che come ricordiamo svoltò sulla satira politica soprattutto durante l’anno trascorso a Le Iene con i suoi eterni e poco consoni monologhi, è stato all’insegna del “vorrei ma non riesco”, un tentativo di elevare la propria comicità a qualcosa di più “alto” con risultati eterogenei ma dal senso negativo del termine.
Brignano, nell’ambiente della giustamente bistrattata comicità pop, è un colosso (per quanto riguarda il seguito di pubblico, precisiamo): solo su Facebook, ad esempio, conta oltre 1.300.000 fans.
Un consenso così ampio è sempre una responsabilità: ne abbiamo avuto una prova recentissima con il pilota Valentino Rossi che, involontariamente o no, ha pungolato la maggior parte della sua tifoseria a dare sfogo ai propri impulsi peggiori.
Tornando alla tv, invece, nel caso di Brignano e di chi come lui sguazza nell’umorismo popolare, piazzando ogni tanto la battuta “alta” per darsi un tono, la responsabilità è doppia soprattutto per un motivo.
Se un comico abitua il pubblico a battute e monologhi che non fanno altro che rinsaldare i luoghi comuni della comicità (e chi si è accontenta di ascoltare la stessa barzelletta per mille volte, è uno spettatore oggettivamente poco preparato, nessun classismo), è normale che lo spettatore, quando si ritrova la battuta “alta” da metabolizzare, tende a pendere letteralmente dalle labbra di quel comico, come se quel lampo satirico fosse oro colato.
La satira politica di Brignano è quella che, inevitabilmente, alimenta le condivisioni populiste su Facebook alle quali, nostro malgrado, assistiamo tutti i giorni, semplicemente perché è una satira sommaria.
La satira politica di Brignano è la battuta da bar, è la chiacchierata con il barbiere, è lo scambio di vedute con la pensionata durante la fila alle Poste: tutta gente simpatica ok ma assolutamente poco credibile nell’affrontare discorsi troppo più grandi di loro.
Nel monologo di ieri, Enrico Brignano ha raggiunto l’apice della sua inadeguatezza satirica quando ha messo sullo stesso piano, con una battuta, Claudio Scajola, Francesco Schettino e Ignazio Marino.
Il pubblico preparato si accorge dell’inghippo demagogico e non ci casca: il solito minestrone populistico, i soliti paragoni sempliciotti strappa-applausi, strappa-risate e strappa-indignazione a comando, paralleli simili a chi, fino a poco tempo fa, paragonava le condanne degli assassini a quelle di Fabrizio Corona, facendo passare quest’ultimo per un martire della giustizia (menomale che è uscito di galera…).
Poi, per concludere il suo lavoro, è stato sufficiente alimentare le insicurezze storiche degli italiani, come la scarsa fiducia nella giustizia, altre frasi ad effetto sempreverdi (“Se sei un pregiudicato serio, ti eleggono”) e la citazione colta finale per legittimare l’insalata di parole senza capo né coda appena proferita.
Finché Brignano indugia con battute sulla famiglia, sul traffico e su altri aspetti della vita quotidiana, al massimo impedisce l’evoluzione della comicità in Italia (che non è cosa da poco, sia chiaro) ma non perpetra danni troppo gravi.
Se Brignano affronta argomenti politici e sociali non alla sua altezza, alimentando quel populismo che ha saturato i social network, allora, il discorso si fa ben più serio, al punto da auspicare ad una “patente” per poter fare una corretta satira politica.
Quindi, Enrì, continua a parlà de traffico e de socere che è meglio…