Home Notizie Storie maledette, Lucia Annibali: “La verità è una e non può essere riscritta da un condannato o una trasmissione tv”

Storie maledette, Lucia Annibali: “La verità è una e non può essere riscritta da un condannato o una trasmissione tv”

Polemiche per l’intervista di Luca Varani a Storie maledette.

pubblicato 5 Febbraio 2016 aggiornato 2 Settembre 2020 05:13

La puntata di ieri sera di Storie maledette, in cui Franca Leosini ha intervistato Luca Varani (condannato a 20 anni di carcere con l’accusa di tentato omicidio e di essere mandante dell’aggressione con l’acido ai danni dell’ex compagna), ancor prima della messa in onda è stata preceduta dalle polemiche: era stata Il Procuratore capo di Pesaro a mettere in discussione la scelta di trasmettere la puntata con le dichiarazioni del Varani.

Oggi, sulle pagine del Corriere, si è dato spazio al commento della vittima del reato, l’avvocato Lucia Annibali che ha dichiarato di non aver guardato la puntata:

Sapevo da settimane dell’intervista ma non ho mai preso in considerazione la possibilità di guardarla. Il giorno in cui l’imputato Varani chiese attenzione per fare le sue dichiarazioni spontanee ai giudici, io sono uscita dall’aula del tribunale. Allo stesso modo stavolta sono uscita di casa mentre parlava in tv. Perché io c’ero mentre vivevo nel terrore, ed ero lì le volte in cui sarei potuta morire. La verità è sempre una sola e non posso accettare che si provi a metterla in discussione. Non ho bisogno che qualcuno mi racconti com’è andata o che mi spieghi che cosa ho provato in quei momenti. Soltanto io sono autorizzata a farlo.

I genitori invece, nonostante sperasse il contrario – racconta l’Annibali – hanno visto l’intervista: “Ho sperato fino all’ultimo che anche i miei genitori scegliessero di non ascoltare, che scegliessero di non aggiungere dolore al dolore. Ma loro sono genitori e io, da figlia, ho capito e rispettato la loro decisione di guardare l’intervista. Che, a ben vedere, a qualcosa è servita anche a me: il gran giro di telefonate ricevute da chi mi chiedeva ‘Vedrai la tv?’ mi ha permesso di risentire persone che non sentivo da mesi e che non finirò mai di ringraziare“.

Il giudizio dell’Annibale è, comprensibilmente, molto critico:

Ringrazio ancora una volta ad uno ad uno tutti gli inquirenti — i carabinieri la polizia giudiziaria, i magistrati — che con dedizione assoluta si sono presi cura del mio caso e il cui impegno ha permesso di stabilire una verità processuale che, in uno Stato di diritto, è l’unica che conta. E di certo non può essere riscritta a piacimento fuori da un’aula giudiziaria né da un imputato già condannato due volte né da una trasmissione televisiva. E ringrazio anche i rappresentanti delle istituzioni e tutte le persone che hanno preso posizione per me, accanto a me, in questi anni dimostrandomi ed esprimendo vicinanza e solidarietà. […] Io di quello spettacolo non voglio nemmeno una particina da spettatrice. Non mi interessa. La sola cosa che mi interessa, mentre va in scena tutto questo, è continuare a resistere. Esercitare il mio diritto di donna a vivere in piena libertà e autonomia. Avere l’orgoglio di mostrare i segni che porto sulla mia pelle perché sono fiera di essere quello che sono. Ho scelto la vita fin dal primo istante, non consentirò al male di avere il sopravvento, e non ci sarà persona o trasmissione che potrà buttarmi giù, non permetterò a nessuno di compromettere la mia serenità. Non risponderò a nessuna domanda né voglio più parlarne. Questo è tutto ciò che ho da dire su questa vicenda, che mi sento di definire uno dei tanti effetti collaterali dell’essere vittima di un reato.

Una vicenda delicata, dunque: se da un lato sono del tutto condivisibili le dichiarazioni di Lucia Annibali, diventata esempio di donna coraggio e vittima di un reato mostruoso e agghiacciante, dall’altro riconosciamo pienamente all’intervista confezionata dalla Leosini il fatto che sia stata realizzata nel totale rispetto della vittima e con grande professionalità (tenendo sempre fede alle risultanze processuali).

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