The Voice e i lati positivi (se ce ne sono…) di non far esplodere i talenti
Analizziamo gli aspetti positivi di questa situazione un po’ “imbarazzante”.
Con le prime tre edizioni andate in onda su Rai 2, The Voice si è costruito una reputazione tutt’altro che lusinghiera nell’ambiente dei talent show.
L’addio polemico di J-Ax, le opinabili modalità di selezione dei concorrenti, tra artisti indipendenti contattati e giustamente offesi e vecchie glorie del passato alla ricerca di un rilancio, l’ossessiva ricerca del “personaggio” e le difficoltà viste quest’anno di costruire una giuria televisivamente funzionante hanno amplificato quello che resta, all’apparenza, il difetto maggiore di The Voice ossia quello di non riuscire a far esplodere i talenti in classifica dopo la partecipazione al talent show.
Elhaida Dani, Suor Cristina e Fabio Curto, i tre vincitori delle prime tre edizioni di The Voice, all’attivo, hanno soltanto qualche apparizione fugace nelle classifiche di iTunes e nulla più.
Suor Cristina, soprattutto, di cui la partecipazione e la sua vittoria hanno sostanzialmente distrutto l’intento originario del programma, che dovrebbe essere quello di anteporre “la voce” all’immagine, ha vinto esclusivamente per l’abito che porta. Dopo la sua vittoria, avrebbe dovuto conquistare il mondo ma non è andata oltre una provocatoria cover di Like a Virgin e una condivisione su Facebook da parte di Madonna, cascata in pieno nel trappolone mediatico.
The Voice, quindi, potrà anche funzionare a livello televisivo (non si arriva alla quarta edizione per caso) ma a livello discografico, quanto raccolto è il nulla.
Proviamo, però, a vedere il bicchiere mezzo pieno con una serie di considerazioni.
La domanda è la seguente: c’è un lato positivo nel non far esplodere in classifica i vincitori?
Proviamo a rispondere.
Il primo talento di Amici a conquistare le classifiche fu Marco Carta, vincitore della settima edizione. The Voice, quindi, ironicamente parlando, ha almeno altre tre edizioni di tempo (più quella in corso) per provare a piazzare un vincitore ai primi posti delle classifiche.
C’è un però da sottolineare: durante le prime edizioni di Amici, le case discografiche non sembravano intenzionate a puntare sui talent show: ora, l’utilizzo dei talent da parte delle label, che in alcuni casi sfruttano questi programmi per dare visibilità ai loro artisti già sotto contratto (il che è paradossale), è lampante, innegabile e a volte anche spudorato.
X Factor, di cui la prima edizione andò in onda nel 2008, lanciò immediatamente Giusy Ferreri, tra l’altro neanche vincitrice del talent show. Ciò significa, quindi, che il fatto che The Voice, negli anni ’10, non sia riuscito a lanciare un talento è una colpa e basta.
A difesa di The Voice, però, c’è il fatto che il successo post-talent viene da sempre considerato un successo “drogato” dall’esposizione televisiva. Nella maggior parte dei casi, infatti, molti artisti usciti dai talent toppano alla prova del secondo album proprio perché, televisivamente, sostituiti da talenti nuovi di zecca.
Risparmiare, quindi, questo successo non veritiero e non genuino ai vincitori, seppur involontariamente, potrebbe essere un merito.
Il pregio di The Voice, sottolineato anche in conferenza stampa da Raffaella Carrà, quindi, potrebbe essere quello di porre le basi per un progetto a medio-lungo termine anziché dare in pasto i vincitori alle classifiche e abbandonarli poco dopo (il trattamento che Michele Bravi ha dichiarato di aver subito, in effetti, è stato quasi inumano).
Il recente successo sanremese di Chiara Dello Iacovo, concorrente della scorsa edizione di The Voice, invece, è mille volte più apprezzabile proprio perché non dopato eccessivamente dal talent show.
Certo, se The Voice avesse lanciato come si deve un talento, tutti questi discorsi erano inutili e la ricerca affannosa di un aspetto positivo in una situazione quasi imbarazzante non si sarebbe rivelata necessaria.
In attesa che il talent show di Rai 2 riesca a lanciare finalmente un artista nello show-business, però, questa analisi è il minimo che si possa fare per ridare credibilità ad un talent show penalizzato da troppi errori di gestione.