Riccardo Gentile a Blogo: “Un telecronista non deve prendere la scena e deve evitare frasi ad effetto. Sandro Piccinini, capostipite della nuova telecronaca”
L’intervista di Blogo al telecronista di Sky.
Dopo la prima intervista a Sandro Piccinini pubblicata la settimana scorsa, oggi, venerdì 3 giugno 2016, continua il ciclo di interviste di Blogo dedicato ai maggiori telecronisti di Rai, Mediaset e Sky, in vista dell’inizio dei campionati europei di calcio di Francia 2016 e della Copa America.
Oggi è il turno di Riccardo Gentile, una delle voci più conosciute della redazione di Sky Sport.
Con il telecronista e giornalista sportivo romano, 38 anni, abbiamo fatto una lunga chiacchierata riguardante gli Europei e, soprattutto, il mestiere di telecronista, andando molto nei dettagli.
Come si sta preparando all’appuntamento degli Europei?
Mi sto preparando con entusiasmo perché è una competizione che, quest’anno, ricorda molto il Mondiale. Sarà una competizione allargata, con tante partite che si preannunciano interessanti. Ci sarà la presenza di giocatori che possono regalare spettacolo. Sarà un bell’Europeo, considerato tutto, e speriamo che sia un Europeo di tifo, di calcio, di gioia. Speriamo che non ci sia altro che possa riguardare l’extra-calcio. E’ inutile negarlo, un filo di preoccupazione c’è per il fatto che questi Europei si svolgano in Francia.
Anno dopo anno, evento dopo evento, è difficile trovare qualcosa per migliorare il servizio al pubblico?
Sì, è difficile ma direi che è obbligatorio cercare di essere più immediati e più interessanti possibili. Il livello dei telecronisti è piuttosto alto, per la concezione che ho io della telecronaca, noi a Sky abbiamo la fortuna di essere preparati. Poi, c’è la questione che riguarda il gusto personale, può piacere più uno e più un altro, e questo non può essere messo in discussione, ci mancherebbe altro, ma sulla preparazione e sulla passione, mi sento di garantire anche per i miei colleghi. Come abbiamo fatto al Mondiale, cercheremo di trasmettere quella che è la nostra passione per il calcio anche alla gente che vive quest’evento “da lontano”.
Sempre per quanto riguarda la telecronaca, quali sono gli altri punti di forza di Sky?
Detto da telecronista di Sky, non vorrei far la parte dell’oste che, per forza di cose, deve dire al cliente che il suo vino è buono! Sarebbe più giusto che lo dicessero gli altri. Non mi piace suonarla e cantarla allo stesso modo… Diciamo che le telecronache di Sky non sono più da considerare uno stile nuovo, la telecronaca è cambiata da tanti anni, è diventata diversa, se ascoltiamo una telecronaca di tanti anni fa, ci sono differenze abissali rispetto ad oggi. Non voglio dire che quelle di adesso sono meglio di tanti anni fa, è soltanto cambiato il modo di comunicare, è cambiata la tv, è più facile recuperare informazioni, cosa che colleghi e maestri di tanti anni fa non potevano fare per ovvi motivi, perché non esisteva Internet e non c’era la possibilità di recuperare informazioni. Adesso noi possiamo sapere tutto. Sta a noi, avere la lucidità di capire quali sono le cose realmente importanti che possano interessare lo spettatore. Sul curriculum di un calciatore o di una squadra, potremmo recitare una quantità di informazioni che rischierebbe di far venire il mal di testa a chi ci ascolta. La nostra capacità deve essere quella di proporre, oltre al racconto nudo e crudo della partita, degli argomenti e delle curiosità che riguardano una squadra o un giocatore che possano essere interessanti, intriganti e accattivanti.
Le è mai capitato di guardare il lavoro della concorrenza per capire cosa fare, cosa non fare e per migliorare, quindi, il suo lavoro?
Non ho mai considerato le altre televisioni come concorrenti. Tanti colleghi che ritrovo nello stesso stadio, che commentano la mia stessa partita, sono spesso colleghi con i quali sono cresciuto, con i quali ho avuto altre esperienze professionali. Più o meno ci conosciamo tutti, alcuni sono amici, parlare di concorrenza risulta difficile. Stimo molti colleghi, ho cercato di imparare da loro, di rubare loro qualcosa. Essendo un appassionato di questo sport, oltre che un giornalista, in alcuni casi mi trovo ad ascoltare altri colleghi e da tutti è possibile imparare e trovare qualcosa di nuovo.
Nell’ultimo anno, Sky e Mediaset Premium si sono fatte la “guerra”. Questa concorrenza così spietata fa bene al pubblico?
Non lo so, è un argomento nel quale faccio fatica ad entrare… Onestamente, parlerei di altro…
Negli ultimi anni, lei ha ricevuto avances da un’altra testata sportiva?
Anche questo è un argomento che non posso assolutamente affrontare con te…
Lei ha sempre avuto l’obiettivo di fare il telecronista o questo lavoro è arrivato con il tempo?
La mia storia è molto semplice, è la storia di tanti ragazzini… Ho sempre avuto la passione per la scrittura, per il giornalismo e per il calcio, da spettatore e appassionato. Sapevo tante cose ma per semplice passione. Come tanti ragazzini, quando giocavo a Subbuteo e ai videogames, quasi spontaneamente, mi divertivo a fare la telecronaca. Era una cosa alla quale non pensavo, mi veniva spontanea. La mia carriera giornalistica è iniziata in un’altro modo. Ho iniziato a lavorare per TeleRoma 56, dove facevo parte di una redazione di un programma sportivo, poi ho collaborato con una radio sempre a Roma, con la consapevolezza di poter fare le telecronache, di poter esserne in grado, considerato l’esercizio naturale che facevo da ragazzino. Un giorno, ho avuto la possibilità di provare, commentando una partita. Questa telecronaca piacque a chi doveva piacere. All’epoca, Stream cercava a Roma nuovi collaboratori che sapessero fare la telecronaca. Oltre al curriculum, presentai anche il VHS in questione. All’epoca, iniziò la collaborazione con Stream. Se questa collaborazione avesse avuto un gradimento, avrei lavorato di più e fortunatamente le cose andarono bene e quelle telecronache sono diventate un’abitudine.
Quando ha iniziato, si aspettava il successo e il gradimento che ha ottenuto?
Successo, lo dici tu! Vivo il mio lavoro in modo forse singolare rispetto ad altri miei colleghi. Per me è un lavoro particolare, talmente bello perché mi permette di commentare una cosa che mi piace, un gioco che mi piace, è un privilegio. Credo di essere fortunato oltre che essere stato bravo a capitare nel momento giusto, al posto giusto. Non ho mai pensato al successo. Io interpreto il mio lavoro in modo diverso. Mi ritengo un giornalista. E’ un lavoro come un altro. E’ un lavoro bello che tante persone sognano di fare. Sono contento di essere apprezzato per alcune qualità che ho, per il tipo di telecronaca che faccio. Come dicevo prima, c’è il gusto personale. C’è chi ama il telecronista protagonista che alza i toni, c’è chi ama un telecronista più moderato. Io ho il mio stile, non lo cambio perché non sarei autentico, non sarei me stesso. Io vado e faccio una telecronaca senza mai avere in testa un qualcosa da dire che possa far scena. Vado a fare una telecronaca preparato come deve essere, preparato sul significato di quella partita o sulle caratteristiche di quel giocatore. Non entro in telecronaca, pensando a qualcosa che possa fare effetto. Io sono un cronista, per i protagonisti c’è spazio in campo. I protagonisti non devono essere né l’arbitro, né il telecronista. A volte capita che il protagonista possa essere l’arbitro per delle scelte negative, a volte capita che il telecronista voglia essere il protagonista, secondo me, senza riuscirci mai. E’ una questione d’opinione.
Quindi, secondo lei, questa è la prima cosa che un telecronista dovrebbe evitare di fare, evitare di prendere la scena?
Assolutamente sì.
Lei ha avuto un modello di riferimento?
Sono tanti anni che faccio telecronaca ma mi ritengo ancora giovane, ho 38 anni. Ho vissuto gli anni del liceo da spettatore di telecronisti che, non solo ho conosciuto, ma con i quali lavoro insieme. Per me, questo è un onore e un privilegio perché li stimavo molto. Non ce n’è uno in particolare anche se credo che Sandro Piccinini ha avuto il merito, prima di tutti gli altri, di cambiare il modo di fare le telecronache. Il capostipite della nuova telecronaca è stato sicuramente Sandro Piccinini che è una delle persone che ho avuto la possibilità di conoscere anche se lavoriamo in aziende diverse. Non c’è solo lui. Ho avuto la possibilità di lavorare e conoscere altri due telecronisti che ho sempre ascoltato con interesse fin da quando ero più giovane e dai quali ho imparato e che sono sicuramente Massimo Marianella e lo stesso Fabio Caressa.
Il commentatore tecnico con il quale si è trovato meglio?
Dovrei fare un torto a tanti altri! Se posso dirti la verità, non ce n’è uno. Sono almeno 2-3 quelli con i quali mi sono trovato bene veramente. Anche per una questione di rapporti personali. Caratterialmente, riesco poco a non farmi condizionare. Se con una persona ti trovi veramente bene, sei in qualche modo condizionato, è inevitabile. Ci sono alcuni commentatori tecnici con i quali lavoro ormai da tantissimi anni, alcuni li ho conosciuti dai tempi di Stream, 16 anni fa, e altri poco dopo. Faccio fatica a fare un nome. Sono molto legato alle figure di Sebino Nela, di Antonio Di Gennaro, di Luca Marchegiani. Ne ho fatte tante, ma è sempre bello e ho imparato tanto, facendo telecronache con Beppe Bergomi. Cosi come è stato molto piacevole, praticamente tenere a battesimo a Sky, Daniele Adani con cui abbiamo cominciato insieme l’avventura a Sky. Lui arrivò a Sky con l’incarico delle Olimpiadi di Londra e commentammo molte partite di calcio di quell’Olimpiade.
Nella sua carriera, c’è stata una telecronaca andata male?
Più di una! Come no, ci mancherebbe altro… I primi critici dobbiamo essere proprio noi. Mi accorgo raramente di essere totalmente soddisfatto di una telecronaca. A volte, si è ipercritici… E’ capitata una telecronaca dove si è presa qualche toppa ma è normale che sia così per tutti. Chi dice che non gli è mai accaduto, dice una bugia.
Qual è stata la più forte emozione vissuta durante una telecronaca?
Ce ne sono alcune dove anche il contesto fece la differenza. C’è un contesto molto particolare che ricorderò sempre anche se la partita non fu granchè. Questa cosa la ricorda con affetto. Era il primo mondiale che feci, i mondiali di Germania 2006. La partita fu tra Svezia e Trinidad & Tobago che si gioco a Dortmund, in uno stadio fantastico e strapieno. Arrivare allo stadio e vivere la magia delle ore precedenti fu uno spettacolo. Ci fu questo contrasto enorme tra i tifosi svedesi, con la maglia gialla, tutti biondi, e i tifosi di Trinidad, con la maglia rossa e loro tutti neri. Un’atmosfera meravigliosa, di festa, di sport, in una giornata di sole. Fu veramente un momento fantastico che mi fece capire l’importanza di un Mondiale o di un Europeo. La possibilità di vedere tue tifoserie e, di conseguenza, due tipi di persone completamente distanti l’una dall’altra stare insieme al bar, al pub o vicino allo stadio, per una squadra come Trinidad, che non aveva nulla da chiedere al Mondiale e che per loro era solo un trionfo partecipare, e per la Svezia, molto più quotata. Finì 0-0 e fu un risultato incredibile. La partita non fu granché: la Svezia attaccava e il Trinidad si difendeva, usando anche le maniere forti. Questa è la prima. Un’altra fu la partita tra Spagna e Cile, ai mondiale di Brasile 2014, che finì 2-0 per il Cile. Non dimenticherò mai i tifosi cileni al Maracanà che cantarono l’inno cileno, andando oltre gli strumenti della banda. L’orchestra finì di suonare ma loro andarono avanti. Fu fantastico. Le emozioni sono tante. Ho avuto la fortuna di commentare tre mondiali, la Champions League, l’Europa League…
Una redazione sportiva, dal punto di vista professionale, come reagisce in caso di eliminazione prematura dell’Italia? Avverte più responsabilità?
C’è dispiacere, ovviamente, perché si tratta dell’Italia, a prescindere dal lavoro… In caso di eliminazione dell’Italia, com’è capitato in Brasile, una redazione deve mettere in campo ancora di più la preparazione, la competenza, la passione e le proprie conoscenze. Deve mantenere il pubblico attaccato alla tv e mantenere alto l’interesse di far vivere l’evento a prescindere dall’Italia.
Terminiamo con un pronostico per l’Europeo: come vede l’Italia di Antonio Conte?
Ci sono squadre più avanti, che partono più forti. Dobbiamo essere onesti e guardare in faccia la realtà. Abbiamo vinto un Mondiale nel 2006 non da favoriti. La fortuna, alla base, serve sempre. C’è poco da fare. Credo che Conte sia una garanzia, Conte ha dimostrato di avere dato un’anima a questa squadra, un gioco e un’identità che prima non c’erano, una capacità di combattere, di andare oltre le carenze tecniche di fronte ad alcuni avversari. In una competizione come questa, dove alcune squadre si basano sul talento individuale, può essere positivo. Se l’Italia arriverà ai quarti di finale, avrà fatto un bel lavoro. Tutto quello che arriverà in più, è guadagnato.
La nazionale favorita per la vittoria?
La Francia. E’ padrona di casa e questo conta. E’ un’ottima squadra anche se non è la più forte. La più forte è la Germania. I tedeschi della nuova generazione hanno più qualità rispetto a quelli di qualche anno fa ma hanno meno mentalità della Germania di una volta. La Germania di una volta è una squadra che c’era sempre. Anche se più debole, riusciva ad arrivare sempre fino in fondo, penso a quella di Voeller, ad esempio, che arrivò in finale nel 2002. Ha una mentalità e una determinazione incredibili. Sono giocatori molto bravi, è la squadra più forte d’Europa, però a volte si piacciono troppo e quando pensi di essere troppo forte, a volte arrivano brutte sorprese.