La seconda puntata di questa nostra seconda edizione di Fuori gli Autori 2 vede in campo Giulio Calcinari. Nato a Trieste, frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e intraprende la carriera cinematografica fino a diventare collaboratore alla regia, lavorando con Citto Maselli, Ugo Gregoretti ed altri registi. Grazie a Ugo Gregoretti con il quale continua tutt’ora la collaborazione, entra alla RAI fino a diventare autore e regista per il settore Promozione e Immagine. Per Rai Uno segue i principali programmi di prima serata del sabato come “Torno sabato” con Giorgio Panariello, “Uno di noi” e “Non facciamoci prendere dal panico” con Gianni Morandi, “Amore” con Raffaella Carrà, “Ballando con le Stelle” con Milly Carlucci, “Telethon” e “Tutti a scuola” con Fabrizio Frizzi, “Pongo e Peggy” con Elisa Isoardi. Ha lavorato con Pippo Baudo per diversi programmi, compresi i suoi ultimi due Festival di Sanremo.
Il Racconto
Ho iniziato con 10 anni di cinema seguendo le orme di Citto Maselli e altri registi e grazie a Ugo Gregoretti, il grande giocoliere dei generi visivi e a un suo film al quale ho collaborato, mi sono trovato a lavorare con lui agli inizi degli anni ’90 per il mio primo programma televisivo. “Sottotraccia” mi ha aperto le porte della Rai e mi ha portato per quattro anni a girare l’Italia alla ricerca dei fatti più curiosi e più strani compiuti dagli italiani, tra sagre, inventori, collezionisti e poeti. Da Gregoretti ho imparato l’amore per il prossimo, il rispetto per qualsiasi personaggio, anche televisivo e la capacità di individuare l’ironia e la comicità involontaria che la realtà ci propone quotidianamente.
Lo sguardo straniante dell’ironia, il sapere vedere ogni situazione come dall’alto, uscendo da se stessi, come in un Google Earth alla rovescia, è per me alla base della nascita dello spunto creativo come autore televisivo.
E’ così che, seguendo una rubrica di Ugo Gregoretti, mi ritrovo in una edizione di “Domenica In” condotta da Alba Parietti e Toto Cutugno a Napoli nel 1992 e scopro i primi litigi tra artisti. Io, per simpatia, stavo con Alba contro Cutugno, ma in realtà Toto mi è risultato sempre molto simpatico e lui è stato sempre molto gentile con me. Lì conosco una persona che mi cambia la vita: Bibi Ballandi. E’ grazie a lui e ai suoi produttori che mi proponevano sempre nuovi lavori che, passo dopo passo, arrivo ad incontrare un gruppo di lavoro potentissimo che mi affascinava. Con Giampiero Solari, Claudio Fasulo, Riccardo Cassini, Alberto Di Risio, Francesco Bozzi, mi si schiudono le porte di 10 anni di prime serate del sabato con Panariello, Gianni Morandi e poi Raffaella Carrà, Milly Carlucci, Fabrizio Frizzi. Dai Torno Sabato a Ballando con le Stelle.Tutti i programmi che ora vedo e rivedo realizzando già da cinque anni puntate per Techetechete’ dedicate alla riscoperta dei grandi programmi Rai del passato, cercando all’interno dell’immenso e affascinante mondo delle Teche Rai, scivolando tra un Vianello-Mondaini, passando per Walter Chiari per arrivare a Cochi e Renato, Montesano… Un bellissimo modo per conoscere il lavoro dei loro grandi autori, quelli che sceneggiavano gli sketch battendoli a macchina su due colonne dividendo testo e azione.
Il rapporto di un autore con chi conduce il programma è come Internet: tanto upload di te da parte sua e altrettanto download tu da lui. Progettare un programma e gestirlo è sempre una condivisione di idee, un lavoro di gruppo.
Ogni artista/conduttore mi ha insegnato moltissimo e ha messo quei pilastri che mi sostengono nel lavoro. Panariello: la calma. Devi essere calmo perché è lo stato d’animo interiore che devi infondere all’artista anche a tre secondi dalla diretta. Raffaella Carrà: la precisione. Nella verifica delle informazioni, nella scrittura del copione. “Se hai un dubbio, anche minimo, controlla ancora” diceva. Maledetta amatissima Carrà che mi fai fare le notti a verificare l’esattezza del mio lavoro. Morandi: la forza della memoria. Ricorda tutto, ciò che accade, ciò che diciamo, cosa c’è ad ogni chilometro dell’autostrada A1 tra Roma e casa sua a Bologna. Tiene un diario quotidiano da decine di anni. Non gli sfugge niente, dote fondamentale nel lavoro. La cosa più bella è che non serba rancore, non l’ho mai sentito parlare male di qualcuno. Milly Carlucci incarna un metodo di lavoro che può riassumere il criterio che ho sempre visto in chi ha successo: il controllo totale del prodotto. Dall’ideazione, al montaggio delle clip, dal rapporto con gli ospiti/artisti alla focale degli obiettivi delle telecamere. Chapeau.
Poi arriva Pippo Baudo, il “booster” della carriera di molti, quello che nei razzi dà la spinta di decine di bombe atomiche per partire verso il futuro più o meno ignoto. “Questo l’ho inventato io” a proposito di artisti famosi, lo dice veramente ed è vero. Con lui ho lavorato per diversi anni. Da lui ho imparato l’importanza della cultura… anche in televisione. C’è un livello nei programmi al di sotto del quale non si può, né si deve scendere. Lui mi ha portato anche nei suoi ultimi due Festival di Sanremo, (come dovrei dire con la Carrà “Festival della canzone italiana” di Sanremo) dove posso dire di aver avuto l’esperienza più intensa della mia carriera. E’ un frullatore di emozioni, tensioni, incontri, idee, giornalisti, radio, tv. Come responsabile del copione mi sono trovato in diretta con un computer rotto a dettare quasi in tempo reale ciò che Baudo leggeva sul gobbo elettronico. Invocavo la calma imparata con Panariello.Di alcune cose sono convinto:
che ogni programma non può prescindere dal suo conduttore. E’ lui che dà l’impronta allo stile, all’atmosfera, al ritmo e ai contenuti. Il compito dell’autore è quello di cucire il vestito attorno al suo modello.
Che il pubblico non sia stupido e che vada rispettato, ma non sempre assecondato perchè la funzione dell’autore è anche quella di fare nuove proposte.Che se il gruppo di lavoro non funziona, ha contrasti al suo interno o litiga, il pubblico a casa lo percepisce.
Che la televisione sia educativa. Credo che insegni sempre qualcosa: di positivo o di negativo. Ma è nostra responsabilità alzare il livello culturale di ogni programma anche di un centimetro, un neurone, anche se è un’impresa faticosissima. Sembra sempre che la cultura non paghi in termini di ascolto, mentre parlare alla pancia del pubblico e anche un po’ sotto, sia sempre vincente.Io lotto per confutare questa teoria. E per questo da un po’ di tempo lavoro felicemente anche per Telethon e Rai Cultura.
Giulio Calcinari
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