Sono innocente: Su Rai3 storie d’ingiustizia in prima serata con Alberto Matano il sabato da Novembre
Un programma sulla “giustizia malata” su Rai3 da fine novembre Uno dei casi più eclatanti di “ingiustizia” nel nostro paese è sicuramente quello che ha visto coinvolto il grande conduttore e giornalista Rai Enzo Tortora. Fu accusato di essere un camorrista, oltre che uno spacciatore di droga, accusa poi rivelatasi completamente infondata, dopo però anni
Un programma sulla “giustizia malata” su Rai3 da fine novembre
Uno dei casi più eclatanti di “ingiustizia” nel nostro paese è sicuramente quello che ha visto coinvolto il grande conduttore e giornalista Rai Enzo Tortora. Fu accusato di essere un camorrista, oltre che uno spacciatore di droga, accusa poi rivelatasi completamente infondata, dopo però anni in cui Tortora dovette subire una gogna -anche mediatica- davvero tremenda. Dopo che fu proclamato innocente però, le ferite di quella vicenda rimasero nel suo corpo, portandolo alla morte per tumore, poco tempo dopo la sua assoluzione.
Solo il tempo di salutare il proprio pubblico con una ultima edizione di Portobello, con quel toccante discorso iniziale rimasto nella storia della televisione italiana ed un successivo programma, sempre su Rai2, dal titolo Giallo, che fece con Dario Argento ed Alba Parietti. Dalle storie di ingiustizia come queste parte l’idea di un nuovo programma di Rai3 dal titolo “Sono innocente“.
La trasmissione andrà in onda in prima serata a fine novembre per una prima serie di 4 puntate appena sarà terminato Ulisse, e racconterà storie vere di persone innocenti finite ingiustamente in prigione. Saranno proprio loro, cioè i protagonisti in studio a raccontare le loro esperienze. Il programma punterà di più sul lato umano delle situazioni che hanno dovuto sopportare i protagonisti delle vicende raccontate. Alla conduzione di questo programma il giornalista del Tg1 Alberto Matano che andrà a Rai3 per questa trasmissione, per poi tornare alla guida della prestigiosissima edizione delle 20 del primo telegiornale d’Italia. La scelta di Matano è stata rivendicata recentemente dal direttore generale Rai Antonio Campo Dall’Orto, come un segno tangibile di valorizzazione delle risorse interne aziendali. “Sono innocente” scaverà come detto sul lato umano, partendo però dal raccontare le palesi ingiustizie sopportate da queste persone che poi a distanza di tempo possono anche essere dichiarate innocenti, ma a che prezzo?
Chi ridarà loro la dignità, la reputazione, gli anni ed anche il denaro perso durante il tempo -sempre lunghissimo purtroppo- in cui la causa si è protratta? Si parla di 24 mila innocenti in cella in 24 anni dal 1992 (quando venne introdotto l’istituto per la riparazione per ingiusta detenzione) ad oggi. Lo stato ha pagato 630 milioni per ingiusta detenzione, numeri davvero che fotografano con tutta evidenza la gravità del fenomeno.
Il titolo di questo programma mi fa venire in mente una frase che Tortora disse il 12 settembre 1986 nell’aula bunker di Poggioreale rivolto ai giudici della Corte di Appello. Voglio chiudere questo pezzo con uno stralcio -il finale- di quell’autodifesa di Tortora, una autodifesa di un uomo con una grande dignità che cosi si rivolgeva a quel collegio giudicante :
Io mi sono sentito dire qui, in quest’aula: “Ma perché non ha la dignità di pentirsi, e quindi di confessare”. A questo punto mi sono sentito umiliare. E allora verso l’intoccabile, non parlo di voi, non parlo di voi che rispetto e non ho motivo che di profondo rispetto. Ma negli altri casi e nell’altro grado guai se non si strisciava cauti, reverenti, ossequiosi verso l’intoccabile maestà del giudice e di quei giudici. Ecco, durante il confronto a Napoli, tra me e una delle ultime cloache che mi hanno voluto rovesciare a Napoli, proprio il Melluso, tal Melluso. Mentre il dottor Di Persia, vanno ricordate, proprio fregandosi le mani come in preda a un’ossessione (ella ha parlato di ansia. Io direi di ossessione), proprio fregandosi le mani, in preda all’estasi, invasato andava dicendo: “Ci sono nomi enormi, ci sono nomi enormi”. E io dentro di me, davanti all’incappucciato, tremavo perché dicevo: se i nomi enormi sono come il mio la giustizia è morta. E mi invitò, il giudice (Giorgio) Fontana, insinuante, nella caserma Pastrengo (il 9 marzo del 1984, ndc): “Ma lo ammetta, ma lo dica che lei faceva uso di stupefacenti. Ma non c’è niente di speciale, non è mica reato, sa”. Sì, violentando la verità, fosse venuto a dire quello che non ha commesso. Io respingo con sdegno questa idea e dell’uomo politico e della politica.
Non amo quest’uomo e quindi non posso purtroppo incollarmi addosso – né per i suoi buoni sconto, né per la paura di una Corte della quale non ho paura – questa immagine viscida e abietta. L’essermi rifiutato – glielo dico con franchezza, so che cosa mi è costato – a tutti i Di Persia, a tutti i Cedrangolo di cui la mia storia è costellata. L’essermi negato alla cautela, alla reverenza, gridando che occorre un cambiamento del metodo, è stato, è, non so se sarà, mia colpa imperdonabile. L’ho pagata duramente – mi creda, mi credano – questa mia diversità, con una condanna pesantissima di dieci anni. Per camorra? Per droga? Non insultatemi ancora, vi prego: per lesa maestà. Io dovrei concludere dicendo: ho fiducia. Rimbalzo la domanda: avreste fiducia voi? Io vi dico: sono innocente! Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi nel dibattimento. Io sono innocente. Io spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi. Grazie.