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Otto puntate in prima serata per raccontare la storia di Angela Tusco, un’operaia di provincia – capo cucitrice in una fabbrica tessile – che si ritrova prima senza lavoro, poi sindaco del suo paese, un piccolo centro nel Lazio. Sarà Sabrina Ferilli il volto protagonista di Rimbocchiamoci le maniche, la nuova serie di Canale 5 prodotta da Endemol Shine Italy e diretta da Stefano Reali, in partenza mercoledì 7 settembre.
Quello della Ferilli è un ritorno alla fiction dopo La grande bellezza. “L’ultimo progetto televisivo è stato con la straordinaria Virna Lisi, Baciamo le mani. Più di quattro anni fa. Il seriale nasce con Commesse, probabilmente una delle prime serie a puntate per la televisione. Tutti ricordano il successo che ha avuto. Lavoro a Mediaset da dodici anni e ho sempre fatto seriali. Questa volta, però, l’ansia è maggiore. Rimbocchiamoci le maniche è un’idea originale, non un format acquistato dall’estero: non avevamo riferimenti o parametri”.
Ci sono voluti quattro anni di lavoro.
“Assolutamente. E’ stata una bella sfida per tutti, lunga e faticosa. L’idea e la voglia di raccontare questa storia sono nate quattro anni fa. Ho subito coinvolto il regista Stefano Reali non solo perché era un regista con avevo lavorato bene ne Le ali della vita, un evergreen di Mediaset, ma perché conoscevo il suo coraggio. Sapevo che avrebbe accettato una sfida così particolare. E’ tutto ex-novo, una serie completamente immaginata da noi. La sfida era rendere temi importanti – come la partecipazione politica e civile – appetibili, avvincenti e coinvolgenti”.
Ha dato l’idea, senza produrla o dirigerla. Perché?
“Non sono capace. Son stata sempre presente nella fase di scrittura della sceneggiatura, questo sì. Però gli sceneggiatori devono fare gli sceneggiatori, i registi i registi e gli attori gli attori. Sarebbe stato pericoloso per me. Già quello dell’attore è un mestiere faticoso, difficile e complicato: significa stare dodici ore al giorno per otto mesi sul set. Fare la regia o la produzione sarebbe stato un impegno ancor più imponente”.
Diritti delle donne, tradimenti, crisi lavorativa e politica. La gente si potrà immedesimare nei temi di Rimbocchiamoci le maniche?
“Questa è una comunità, è la gente. La storia parte dalle piazze. Il mio è un gruppo di operaie che si trova in piena crisi, il proprietario decide di chiudere l’azienda e queste donne, non più adolescenti, si ritrovano a dover ricominciare da zero. Da lì nasce la partecipazione diretta, l’unione e la solidarietà, l’elezione a sindaco di Angela e la risoluzione di una serie di una serie di problemi al fianco di una serie di avversari politici che faranno di tutto per far cadere queste donne”.
L’idea è nata quattro anni fa ma sembra la storia attuale di Virginia Raggi. Siete arrivati prima della politica?
“(ride, ndr) Abbiamo anticipato quello che sarebbe successo. Beh, che prima o poi ci sarebbe stata la partecipazione diretta della gente verso la cosa pubblica era scontato, si sentiva nell’aria… tenendo presente che la democrazia, il modello di governo, implica la partecipazione della gente. La democrazia è quella, è la partecipazione diretta della gente. Quando quella non c’è, si azzoppa il modello democratico del Paese”.
Rischia di essere una serie ‘anti-politica’?
“Non può essere contro la politica. Semmai contro i partiti concepiti in un certo modo. Questa è una serie che mette al centro la partecipazione e quindi la politica”.
Parlando in generale di fiction Mediaset, il Biscione non vive un periodo particolarmente felice. Rimbocchiamoci le maniche nutre molte aspettative.
“Io ed il povero Stefano Reali, detto apertamente, ce la facciamo sotto. Non so cosa avverrà domani quando usciranno gli ascolti. Siamo legati quotidianamente, da ormai tre anni, dai drammi delle vicende lavorative. E’ successo di tutto”.
Tipo?
“Le riprese si sono tenute quest’estate con temperature pazzesche. E’ stata ricoverata mezza troupe, attori che se ne sono andati, due operatori sostituiti. Non è stata una situazione da ridere ma noi siamo andati sempre avanti. Non ci siamo fatti abbattere”.
Gli ascolti le mettono ansia, dunque?
“Non abbiamo termini di paragone, non è un format che ha fatto strike in altri Paese. E’ tutto appoggiato sulla nostra follia. E’ scontato che l’ansia ci sia. Le altre volte, parlo di Amici o altre esperienze, non sono la protagonista. Posso essere più o meno gradevole partecipante della compagnia ma non determinante”.
Ci potrebbero già essere i presupposti per una seconda serie?
“Non ne abbiamo ancora parlato. Siamo talmente agitati per questa prima serie…”.
Mi conceda una divagazione finale. Dieci Cose con Fabio Volo su Rai 1, Le vite degli altri su Discovery, House Party con Maria de Filippi su Canale 5: c’è qualcosa di vero ed imminente?
“Realmente ci sono stati dei contanti. Solo i contatti però. Dopodiché sono spariti tutti. Vedremo chi si rifarà sotto per primo”.
Rimbocchiamoci le maniche, la trama
Angela è capo cucitrice in una fabbrica tessile dove lavora fin da quando era ragazza, insieme alle sue colleghe operaie. Improvvisamente la fabbrica viene messa in liquidazione e i terreni su cui sorge saranno venduti. Lo prevede il piano regolatore e solo il nuovo sindaco potrebbe modificarlo. Le elezioni ci saranno a breve, e il candidato favorito è un uomo che non lascia presagire nulla di buono. E così basta una provocazione bonaria del sindaco uscente Piero Pacetti (Andrea Giordana), il coro unanime delle operaie, e Angela si ritrova a essere candidata come primo cittadino del suo paese, un piccolo centro nel Lazio, Offidella.
“Che speranza puoi avere tu? Sei una donna semplice, sei un’operaia, sei la mamma di tre figli!”. È la voce di Fabio (Sergio Assisi), il suo ex marito, che l’ha tradita con una collega operaia, Gina (Michela Andreozzi), ma è pentito e la ama ancora perdutamente.
Rimbocchiamoci le maniche, però, è la storia di una donna che non accetta la resa. Se prima è stata la sua unione con Fabio a guidare ogni suo passo, adesso per Angela la posta in gioco è più alta. C’è il futuro delle operaie, c’è il bene comune del paese e c’è anche la necessità di un esempio di dignità da dare ai suoi tre figli, con le loro età diverse e tutte difficili: Caty (Benedetta Gargari) appena diciottenne, Ercole (Samuel Garofalo) nel pieno dell’adolescenza e il piccolo Ferdinando (Ilario Bellazzini) di otto anni. E poi c’è la gente che si fida di Angela e che, inaspettatamente, la porta in vantaggio alle urne.
Contro ogni pronostico, infatti, Angela viene eletta, battendo il suo diretto sfidante, il vice sindaco Mario Delfino (Alberto Molinari). Ora è una donna sola al comando. Dovrà destreggiarsi tra quegli uomini rosi dall’avidità e dal pregiudizio che faranno di tutto per dimostrare che una donna, perlopiù semplice, non può sognare di avere un ruolo di responsabilità senza rinunciare a fare la madre. Ma Angela ha dalla sua il sostegno delle colleghe operaie, dei cittadini che l’hanno votata e, soprattutto, della sua squadra. Fra loro c’è Paolo (David Coco), professore di matematica da poco tornato nella cittadina dopo il fallimento del suo matrimonio che, in passato, aveva avuto una storia con Angela e che sembra non aver mai dimenticato. Tra i fedelissimi di Angela ci sono anche Maurizio (Maurizio Mattioli), che lavora in Comune da sempre, Dario (David Paryla), un giovane esperto di informatica, Daniela (Monica Dugo), una restauratrice che diventerà assessore alla cultura, e Luisa (Gabriella Silvestri) collega di Angela in fabbrica e sua amica da sempre. Persino il nuovo Capitano dei Carabinieri (Marco Falaguasta), dopo un primo incontro burrascoso durante una manifestazione, diventa un suo sostenitore, affascinato non solo dalla sua caparbietà, ma anche, e forse soprattutto, dalla sua bellezza. Angela si trova così “contesa” fra tre uomini. L’ex marito Fabio, che non accetta la loro separazione e vuole riconquistarla a ogni costo, Paolo, un amore tornato dal passato, che la supporta nella sua attività e condivide con lei la passione e l’impegno civile e, infine, l’aitante e fascinoso capitano dei Carabinieri, abituato a essere un gran conquistatore.
Ma Angela sa che essere sindaco richiede tutto il suo impegno e la sua attenzione. Essere sindaco è affrontare le urgenze, è farsi carico del crollo di una scuola, è cercare di dare una speranza a gente che sta perdendo la propria casa, che ha bisogno di un ospedale per far nascere i propri figli o, più semplicemente, della sensibilità di una donna speciale per riconoscere un disagio tra le compagne di lavoro o tra le nuove generazioni. Quella di Angela è una storia che restituisce centralità non solo alle donne, ma a chiunque si ritrovi a rimboccarsi le maniche per affrontare tutte quelle sfide che appaiono sempre più grandi.
Tra tradimenti e disillusioni, non sarà facile riconoscere il vero nemico da sconfiggere ma Angela, con tutta la passione, l’anima e il cuore di cui è capace, capirà l’importanza di combattere ancora per qualcuno e per qualcosa riuscendo anche a fare chiarezza nel suo cuore.