Solo, Mizio Curcio (story editor) a Blogo: “Prima serie tv che racconta ‘Ndrangheta dall’interno”
“Trattare la mafia in tv va più di moda, la ‘Ndrangheta è più silenziosa. Rispetto a Domenico Calcaterra di Squadra antimafia qui Marco Bocci ha un ruolo più complesso. In Solo c’è alto grado di realismo”
Uno degli story editors di Solo (l’altro è Andrea Nobile), Mizio Curcio, presenta ai microfoni di Blogo la nuova miniserie Taodue in onda per quattro settimane su Canale 5 in prime time a partire da mercoledì 9 novembre. Già autore di Squadra Antimafia (e di altri titoli Taodue come Ultimo 4, Il bosco e il Tredicesimo Apostolo), Curcio spiega che con Solo l’obiettivo di Pietro Valsecchi, che firma il soggetto di serie, è “creare un crime con una componente melò, perché il protagonista Marco (Marco Bocci – video intervista) si ritrova in un triangolo amoroso tra la sua collega e donna di vita Barbara (Diane Fleri – video intervista) e la figlia del boss Agata (Carlotta Antonelli)“. Solo rappresenta però anche il ritorno della Taodue al racconto realistico:
A distanza di dieci anni da Il Capo dei capi si ritorna al realismo puro. Lì siamo entrati nei Corleonesi, qui nella famiglia ndranghetista Corona.
Il cognome Corona è molto attuale…
È una coincidenza, ovviamente. E comunque, meglio precisare che il nostro Corona è molto più pericoloso di quello vero.
Cosa succede in Solo?
È la discesa agli inferi del nostro protagonista, Marco Bocci, un agente dello Sco infiltrato che per mantenere la copertura si spingerà oltre i suoi limiti. Nel farlo metterà a rischio tutto ciò che ha di più caro, a partire da Barbara compagna nella vita e nel lavoro. Sarà proprio lei la testimone dell’avvicinarsi di Marco ad Agata, la figlia ribelle (di Antonio Corona, interpretato da Renato Carpentieri, Ndr) che non rispetta i codici e gli obblighi di una donna di ‘ndrangheta. Pur non sapendo la verità su di lui, Agata vede in Marco un’ancora di salvezza, una possibilità per sfuggire al mondo a cui è condannata. Si innamorano? Niente spoiler: posso solo dirvi che nella seconda puntata succederà una cosa fortissima… che metterà Marco di fronte a un bivio.
Solo è una miniserie ispirata ad una storia vera?
Abbiamo raccolto testimonianze di operazioni di infiltrazione in ‘Ndrine, mafia e camorra, di cui non possiamo citare le fonti. La serie è stata girata quasi esclusivamente in Calabria, tra il Porto di Gioia Tauro, Bagnara Calabra, Palmi e Scilla, garantendo così un alto grado di realismo. A questo abbiamo unito l’iconografia classica dell’infiltrato, eredità del cinema americano e di capolavori come The Departed e Donnie Brasco. La regia di Michele Alhaique è riuscita a mixare al meglio questi due ingredienti.
Per uno story editor è più facile scrivere storie che aderiscono alla realtà o è più affascinante dedicarsi a vicende irreali?
Per me, che sono anche uno degli autori de Il Tredicesimo Apostolo, di cui speriamo ancora si possa fare la terza stagione, pescare nel mondo immaginario e del paranormale è stimolante perché dà più spazio alla creatività e alla fantasia. Per prodotti come Solo devi stare più attento, devi studiare, documentarti, insomma bisogna andarci con i piedi di piombo. È una sfida, che io insieme ad Andrea Nobile, Leonardo D’Agostini, Giorgio Nerone e Lorenzo Rossi Espagnet, abbiamo accolto con passione ed entusiasmo.
Perché la serialità televisiva si occupa più di mafia che di ‘Ndrangheta?
Perché è più di moda, credo. I mafiosi si sentono quasi onorati di essere rappresentati in tv, basti pensare ai latitanti che sono stati ritrovati con i dvd di Il capo dei capi o de Il padrino. La ‘Ndrangheta, prima mafia in Europa per giro d’affari, invece, ha codici medievali, meccanismi impenetrabili, preferisce il silenzio. Nella ‘Ndrangheta non esistono pentiti, tranne in casi rarissimi, perché legati da patti di sangue, tendono a sposarsi tra loro per cucire alleanze, il tradimento viene visto come l’onta più grave. Solo è la prima serie che racconta la ‘Ndrangheta così dall’interno. L’occhio del pubblico diventa quello di Marco.
Solo non è una lunga serialità…
È una serie da quattro episodi da 100 minuti, in linea con molti prodotti seriali d’oltreoceano come True Detective (otto puntate, da 50’). E non è autoconclusiva, stiamo già scrivendo la seconda stagione.
In una recente intervista di Blogo, Valsecchi ammise che “probabilmente si è insistito troppo su una serialità diluita in troppe puntate, rinunciando a quei prodotti evento come le miniserie, che in un contesto di concorrenza frammentata sono invece necessari per illuminare la rete“.
Visti gli andamenti delle fiction sulle reti generaliste forse chiedere al pubblico di affezionarsi ad un prodotto di quattro puntate potrebbe essere un’arma vincente. Abbiamo riscontrato che le puntate pilota vanno quasi sempre bene, poi dalla seconda… questo ovviamente anche per l’allargamento dell’offerta televisiva. Quella di ridurre gli episodi è una tendenza di tutta la nuova serialità mondiale: meno episodi ma più qualità!
Solo andrà in onda il mercoledì, Squadra antimafia ha traslocato dal giovedì al venerdì. Il tema della collocazione nel palinsesto uno sceneggiatore come te se lo pone?
Naturalmente non spetta a noi autori decidere, ma c’è un clima collaborativo tra la produzione e la rete… però è innegabile che serate come il venerdì sera siano penalizzanti per prodotti che mirano ad un target giovanile.
Mercoledì parte anche Schiavone su Raidue. Preferisci andare contro un’altra serie o meglio sfidare un programma di un altro genere televisivo?
Con Schiavone sarà una bella sfida. Antonio Manzini, dai cui romanzi è tratta la serie, è un mio grande amico. Speriamo in un buon risultato per entrambi… che vinca il migliore!
Il protagonista di Solo è Marco Bocci.
Rispetto a Domenico Calcaterra qui Marco ha un ruolo più complesso. Interpretare un infiltrato richiede un doppio lavoro sul personaggio, perché a sua volta è un poliziotto che recita il ruolo del criminale. Marco è talmente immerso nel mondo malavitoso che lo spettatore è portato a dubitare della sua natura.
Avete pensato da subito a Bocci?
Valsecchi aveva già in mente di fare una serie su un infiltrato; ha deciso di andare su un campo inesplorato come quello della ‘Ndrangheta e Marco è stato da subito l’uomo su cui puntare. È stato un grande professionista, si è dedicato anima e corpo fin dalle prime riunioni calandosi perfettamente nel personaggio e facendo suo il progetto.
A proposito di Calcaterra e di Squadra antimafia, a che punto sono le riprese dello spin off su Rosy Abate?
Stanno per finire. E posso anticipare che durante la prima puntata di Solo andrà in onda in esclusiva il primo promo della serie con Giulia Michelini.
In Rosy Abate è previsto un passaggio di Calcaterra?
No, Calcaterra non tornerà! Ma De Silva sì… farà un cammeo!