Colony, la vita durante l’invasione aliena: meglio ribelli o collaborazionisti?
Colony una serie più attuale di quanto il tema sci-fi possa far pensare.
-Attenzione l’articolo contiene spoiler su Colony –
Nell’epoca della “peak tv“, del grande affollamento della serialità su tutti i mezzi e in tutti i modi possibili ed immaginabile, è facile lasciarsi sfuggire dei prodotti o decidere di abbandonarli in fretta. Un destino che potrebbe essere toccato anche a Colony, serie tv di USA Network, prodotta dalla Universal Cable, creata da Carlton Cuse e Ryan J. Condal, purtroppo ancora inedita in Italia, nonostante i nomi coinvolti, i protagonisti Josh Holloway e Sarah Wayne Callies famosi per i loro ruoli in Lost e The Walking Dead. Ma evidentemente Colony si è persa nei meandri dei diritti italici, compresi quelli globale di seconda visione che sono in mano a Netflix.
Colony è ambientato in un mondo in cui gli alieni hanno colonizzato la Terra, l’uomo non è più la razza dominante e la popolazione si divide tra chi ha deciso di collaborare con gli invasori, per gestire l’ordine e controllare il territorio e chi prova a resistere e a combattere l’invasore. In mezzo a questi due estremi la vita scorre normalmente, per quanto possibile, nella colonia di Los Angeles, circondata da muri impenetrabili e parte del sistema di colonie instaurato dagli invasori. Le persone comuni continuano a vivere e lavorare, cercando di fare il meglio per la propria famiglia. Tra questi c’è la famiglia Bowman, il padre William (Holloway) lavora, malvolentieri, per la polizia dell’autorità di transizione aliena, la moglie Katie (Callies) gestisce un bar e è affascinata dalla resistenza; i due hanno tre figli di cui uno Charlie è rimasto bloccato oltre il muro e provare a rintracciarlo è la molla che spinge William a collaborare per ottenere la possibilità di recuperare il figlio.
Nonostante si tratti di una serie tv di tipo sci-fi, Colony risulta essere molto attuale, tra muri innalzati e diffusione di notizie false per condizionare l’umore della popolazione, diventando quasi un’allegoria del presente e soprattutto dei regimi dittatoriali in generale.
L’occupazione nazista in Francia, quella sovietica nell’est Europa, le dittature di destra del Sud America, da cui Juan Jose Campanella (regista di diversi episodi di Colony, ndr.). E’ cresciuto nell’Argentina degli anni ’70 e essendo considerato un radicale di sinistra era controllato e sorvegliato e può ben raccontare il rapporto con la polizia militare. Per noi, creativamente, lo show ha sempre avuto rapporti con l’oggi, magari non l’America”
Ha raccontato a the Hollywood Reporter Ryan J. Condal che ha anche spiegato come hanno lavorato alla seconda stagione la scorsa primavera-estate quindi quello che per lo spettatore che guarda oggi Colony può sembrare un rimando alla realtà, dal loro punto di vista era qualcosa che sarebbe potuto esplodere, che percepivano, un cambiamento possibile ma che non potevano prevedere. La teoria del controllo ossessivo degli occupanti sulla popolazione della colonia di Los Angeles, il ricorso alla manipolazione dei media, l’incidenza dei campi di lavoro e gli attentati della resistenza, ha infatti maggiore rilevanza nella seconda stagione di Colony.
Se la prima stagione si era concentrata sulla dinamica familiare e sulle motivazioni che spingono l’uomo qualunque a collaborare con gli occupanti, nella seconda a prevalere è la componente ribelle, che arriva fino alle conseguenze più devastanti di attentati e assalti privati. E proprio mentre gli occupanti stringono i lacci del controllo, la paura spinge sempre più persone a ribellarsi, alimentando le file della rivolta. La voglia di collaborare della prima stagione per cercare la normalità, si scontra con la necessità di ribellarsi della seconda. La speranza di un mondo migliore passa dall’accettare la realtà o dal provare a cambiarla?
Nota dolente di Colony sono i due protagonisti Josh Holloway e Sarah Wayne Callies, che mostrano tutti i loro limiti recitativi, finendo per essere più delle caricature che dei personaggi reali, a salvarli è la struttura complessiva di una storia che nella seconda stagione diventa sempre più inquietante, coinvolgente e oppressiva. Come necessita la presenza di una dittatura.
Una buona storia sci-fi ricca di tematiche, come Battlestar Galactica, è senza tempo. Battlestar era una reazione all’11 settembre e al mondo creato da George W. Bush. Ma puoi vederlo anche ora e è ancora importante, perchè era fatto bene. Noi non pensiamo di essere Battlestar, ma sicuramente è un livello cui aspiriamo.
Ha aggiunto Condal, sottolineando come se in Colony possano essere rintracciati elementi del mondo contemporaneo, il lor obiettivo sia quello di mostrare una storia senza tempo, incentrata sulla reazione dell’uomo alla perdita della propria libertà individuale.
Due stagioni che sarebbero perfette per una maratona seriale.