Bones, Hart Hanson parla del finale di serie e di un possibile revival (spoiler)
Hart Hanson parla del finale di Bones e delle possibilità di realizzare un revival della serie tv
Dopo dodici stagioni, i protagonisti di Bones hanno risolto il loro ultimo caso ed hanno salutato i fan: la serie tv della Fox si è conclusa la notte scorsa in America, con un finale che ha emozionato il pubblico ed ha anche riservato qualche colpo di scena. Un finale che chiude la serie ma che, secondo il creatore dello show Hart Hanson, non significa che il cast non possa ritrovarsi tra qualche anno per un revival.
-Attenzione: spoiler sul series finale-
L’ultima puntata ha visto Booth (David Boreanaz) riuscire finalmente a catturare il suo nemico Kovac (Gerard Celasco), mentre Brennan (Emily Deschanel) riesce a recuperare la memoria dopo l’esplosione del Jeffersonian, che si scopre sarà ricostruito in futuro.
Un finale rassicurante, che conferma la linea della serie tv, che non ha mai voluto essere troppo dark o inquietante ma unire al poliziesco una buona dose di comedy e romanticismo. “E’ da un po’ che pensavamo di distruggere il laboratorio”, ha rivelato a Deadline Hollywood il creatore dello show. “Nella prima stagione, Boreanaz odiava quel set; per il personaggio di Booth il laboratorio era il suo opposto. Mentre giravamo i primi cinque episodi mi disse ‘Voglio farlo esplodere’. Io gli risposi ‘se la serie andrà bene e saremo avvertiti per tempo, lo faremo nel finale di serie'”.
Un “appuntamento” che è stato rimandato più volte, dal momento che Bones ha rischiato la cancellazione numerose volte in questi anni:
“Quando dico che la Fox non ha mai provato a renderci un successo, non lo dico per capriccio. Hanno preso la loro decisione, ogni anno dovevano stabilire qualche serie pensavano sarebbe diventata un successo, ed investivano in quei telefilm, è così che va il business, e noi non siamo mai state una di quelle serie tv. Però abbiamo avuto un paio di dirigenti che hanno combattuto in ogni situazione. Uno di loro era Preston Beckman, che si occupava della programmazione. Noi eravamo Davide, lui Golia, ed io non avevo una fionda. Ma sapevo che ad ogni incontro sulla programmazione della serie, lui faceva quello che poteva per tenerla in onda, aveva molta fiducia nello show.”
E nonostante il finale sia appena andato in onda, non si può non parlare della possibilità di un revival, considerata la moda che sta prendendo piede su tutti i network americani. Se Boreanaz avrebbe già detto la sua, spiegando di non essere il tipo da reunion (anche se si riferiva a Buffy), Hanson è più ottimista:
“Non si sa mai quale potrebbe essere la reazione della gente, ma sarebbe divertente rimetterci tutti insieme a lavorare. Sono l’ultima persona a poterne parlare, ma rimetterci insieme e vedere cosa potremmo fare, tra un paio di anni o giù di lì, sarebbe divertente. Le persone che hanno lavorato a Bones si vogliono bene l’un l’altra. Non si potrebbero trovare due persone più differenti sul pianeta tra di loro come David Boreanaz ed Emily Deschanel. Non c’era motivo per cui andassero d’accordo, eppure dopo tutti questi anni sono qui a discutere su ogni argomento, pur adorandosi l’un l’altra. Andiamo tutti d’accordo. Gli showrunner ed i produttori vanno d’accordo con gli attori e la troupe. E’ un ambiente di lavoro eccellente”.
A proposito degli autori, il series finale non è stato scritto da Hanson, ma da Jonathan Collier, Michael Peterson e da Karine Rosenthal, basandosi su un soggetto di Stephen Nathan: “è un buon finale di serie”, ha ammesso l’autore. “Hanno fatto un ottimo lavoro. Penso che tutte le loro decisioni siano state valide, soprattutto perchè erano ferrati sull’argomento. Sapevano esattamente cosa stavano facendo. Se l’avessi scritto io so che sarebbe stato differente, ma non posso puntare il dito su cosa è stato fatto, perchè la serie è cambiata da quando ho smesso di lavorarci quotidianamente. Hanno fatto davvero un lavoro fantastico”.
Hanson è contento di come si sia concluso Bones, e non può non ricordare tutti coloro che vi hanno lavorato:
“Essere showrunner è bello, se non fosse che ci sono tipo 250 persone che hanno impiegato i loro sforzi e tempo per fare lo show senza essere conosciute che mi vengono in mente. Sono così grato a loro che gli donerei un rene. Sarà banale, ma eravamo una comunità. E’ qualcosa che non viene riconosciuto abbastanza in questo business”.