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Report, Roberto Benigni querela: “Notizie false e diffamatorie”. La replica del programma di Rai3

La querela di Benigni a Report e la replica del conduttore Sigfrido Ranucci.

pubblicato 18 Aprile 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 10:56

Nonostante la diffida dei giorni scorsi da parte dei legali di Roberto Benigni, nella puntata di ieri sera – lunedì 17 aprile 2017 – Report ha mandato in onda il servizio – inchiesta riguardante la questione dei finanziamenti allo spettacolo e che ha parlato degli studi cinematografici di Papigno (frazione del comune di Terni) che avrebbero dovuto diventare il nuovo polo cinematografico “Umbria Studios“.

Avendo il programma condotto da Sigfrido Ranuccideciso di mandare comunque in onda il servizio, Roberto Benigni e la moglie Nicoletta Braschi hanno incaricato il legale Michele Gentiloni Silveri di procedere con una querela. Questa la nota diffusa dal legale dell’attore toscano:

Nell’interesse dei signori Nicoletta Braschi e Roberto Benigni, sia in proprio che quali soci di Melampo Cinematografica S.r.l., comunico di aver ricevuto mandato di sporgere querela presso la Procura della Repubblica di Roma nei confronti dei dott.ri Giorgio Mottola e Sigfrido Ranucci, nonché di chiunque altro abbia con loro concorso o cooperato, in relazione alle notizie false e gravemente diffamatorie diffuse nel corso della puntata del 17 aprile 2017 della trasmissione Report.

E’ di poco fa anche la replica di Report attraverso le dichiarazioni all’Ansa del conduttore Sigfrido Ranucci:

Non abbiamo mai detto che Benigni ha usufruito di finanziamenti pubblici per ristrutturare gli studi di Papigno. I 10 milioni di fondi pubblici, citati dal sindaco di Terni, sono serviti per bonificare e sistemare il contesto intorno all’operazione. Il programma ha dato conto del fatto che Cinecittà Studios ha di fatto ‘rilevato’ i 5 milioni investiti da Benigni nella società, pur pagandone solo 3,9 milioni, come ha precisato una nota del legale di Benigni che abbiamo letto. Abbiamo poi sostenuto che quel debito rischiamo di pagarlo noi, se dovesse andare in porto la trattativa per riportare Cinecittà sotto l’egida dello Stato.

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