Se Ballando con le Stelle salta lo squalo…
La caccia a Morgan svela chi, in fondo, è la vera ‘sanguinaria’ del sabato sera in tv.
La 12esima edizione di Ballando con le Stelle si è conclusa con la scontata e meritatissima vittoria di Oney Tapia, atleta paralmpico 41enne diventato cieco nel 2011 a seguito di un incidente, accompagnato da Veera Kinnunen, maestra nordica di danza che ha ammaliato con la sua straordinaria capacità di insegnamento. Ed è questa, in sintesi, la cosa migliore di Ballando 2017. Una prova? La loro ultima esibizione: una lezione di danza e di eleganza che questa edizione quasi non meritava.
Questa dodicesima edizione del talent – voluto, difeso, curato da Milly Carlucci – si è infatti distinta per la quantità di beghe di basso cabotaggio distribuite ad arte nel corso delle puntate. Specifico subito: uso ‘ad arte’ non perché convinta che le dispute del trio De Sio/Parietti/Lucarelli siano state costruite a tavolino, ma perché sono state alimentate da una scrittura attenta a sfruttare le caratteristiche delle protagoniste. E così le esibizioni della Parietti finivano sempre in coda alla puntata per ‘ingolosire’ il pubblico, mentre le clip pre-prova erano ottimi fiammiferi su una striscia di benzina in una raffineria. In breve, il Potere del Trio è stato evocato con criterio e per combattere l’avversario di sempre, Amici di Maria De Filippi, senza però grandi risultati.
L’unico vero risultato ottenuto quest’anno è che Ballando ha saltato lo squalo, per usare un’espressione cara alla serialità con la quale si indica il punto di non ritorno di una sceneggiatura, il momento in cui esagera, proponendo storie inaccettabili e fuori da ogni curva evolutiva del personaggio, e spezzando il patto con i telespettatori come quando Fonzie si ritrovò a saltare uno squalo bianco in una gita californiana. Troppo per la taciturna icona dei Sixties in giacca di pelle.
Penso che Ballando le Stelle quest’anno abbia saltato lo squalo prima con le polemiche tra concorrenti e giuria (diventata una succursale per adulti dei battibecchi di Amici) e poi, soprattutto, con il recupero di Morgan dopo lo strappo con Maria De Filippi. Il senso della misura si è perso con la pantomima del giudice misterioso: una buffonata che la Carlucci ha provato a spacciare come “uno scherzo, un gioco”, ma sul quale ha ordito tutta la trama della finale. Ecco, il punto di non ritorno è quello interrogativo disegnato su una sagoma.
In questo i concorrenti sono stati lasciati a bordo pista: eppure il loro sudore è l’unica vera risorsa di questo programma. Peccato che il format lo abbia dimenticato, inseguendo numeri a scapito della qualità narrativa del prodotto. Risultato? Effetto disperazione che ha toccato il ridicolo con il giudice misterioso. Un po’ come quando si cerca disperatamente di far colpo su qualcuno che non ti fila fingendo peraltro una ridicola nonchalance: ecco, più o meno l’effetto è stato questo.
Questa edizione di Ballando, in fondo, mi ha ‘insegnato/confermato’ un po’ di cose:
– che Oney Tapia deve essere incoronato vincitore di questa e di tutte le prossime edizioni di Ballando con le Stelle: si combatterà solo per il secondo posto;
– che Veera Kinnunen è una dea:
– che i maestri di Ballando sono sottostimati (ma che per farsi notare è bene che non si servano degli stessi mezzucci dei talent);
– che la polemica va lasciata a chi la sa fare;
– che prima di fare il concorrente in un talent conviene vederlo prima (soprattutto quando è in onda da 12 stagioni);
– che prima di firmare un contratto bisogna leggerlo con attenzione;
– che l’importante non è vincere, ma partecipare con dignità;
– che gli opinionisti a bordo pista non servono;
– che sono d’accordo (miracolo!) con Riccardo Bocca quando parla di “incompetenti che valutano incapaci” per sintetizzare alcune formule talent (cfr. Tv Talk di sabato 29 aprile 2017);
e soprattutto che Milly Carlucci è la vera ‘sanguinaria’ del sabato sera.