Home Tv70, la Rai fa bella mostra di sé alla Fondazione Prada

Tv70, la Rai fa bella mostra di sé alla Fondazione Prada

Dal 9 maggio al 24 settembre alla Fondazione Prada di Milano la mostra “TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai”.

pubblicato 11 Maggio 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 10:08

La Rai degli anni ’70 diventa il concept intorno cui raccontare la storia della tv, della società e della cultura italiana e trasforma gli spazio della Fondazione Prada con “TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai“, un articolato progetto artistico ideato dall’autore e sviluppato in collaborazione con la Tv di Stato.

Tra installazioni e opere d’arte, filmati d’archivio che si fanno performance e una messa in scena che avvolge lo spettatore/visitatore (di cui si può avere un assaggio con le immagini in apertura), Tv70 mette in luce il profondo valore culturale ed estetico della televisione di quell’epoca, arricchita dallo sguardo non convenzionale di Vezzoli, che evidenzia con la sua opera la forza iconica di alcuni programmi della Rai, che negli anni ’70 visse una delle fasi più creative e sperimentali del suo sviluppo.

“Con questo progetto ho voluto realizzare un percorso rischioso e denso, duro quando l’argomento lo richiede, ma anche divertente e surreale. Un’indagine vera sul costume contemporaneo e sulle sue radici, ma con un senso critico sull’oggi. La televisione degli anni Settanta produceva riti e, di conseguenza, miti assoluti e duraturi che ancora oggi, riproposti in questa mostra, possono ispirare scelte non convenzionali”

ha dichiarato Vezzoli presentando la mostra, che si articola in tre parti, esplorando il rapporto della tv con l’arte, la politica e l’intrattenimento.


La prima parte, denominata infatti Arte e Televisione, riflette sull’impiego artistico del mezzo televisivo recuperando programmi come “Io e…” e “Come nasce un’opera d’arte”, ciclo che coinvolse, tra l’altro, artisti del calibro di Alberto Burri, Giorgio de Chirico, Renato Guttuso e Michelangelo Pistoletto e soprattutto presentando i diversi paradigmi analitici sul rapporto tra tv e arte, come quello del “medium è il messaggio” di Marshall McLuhan e l’approccio situazionista di Guy Debord.
Denso anche il rapporto tra Politica e Televisione, che qui si concentra sull’analisi dei messaggi politici degli anni Settanta con estratti dei tg dell’epoca, segnata dagli Anni di Piombo e dagli aneliti femministi, testimoniati da momenti di programmi come Processo per Stupro e Si dice donna.
La terza parte è dedicata al prolifico rapporto tra Intrattenimento e Televisione, introdotto dall’installazione di Giosetta Fioroni La spia ottica (1968) che si concentra sul corpo della donna come oggetto dello sguardo e del desiderio dell’altro e al contempo come soggetto attivo e cosciente. Una sintetica chiave di lettura della sezione, che analizza il limite tra liberazione sessuale e consumo del corpo femminile, che passa anche attraverso la ‘competizione’ tra le primedonne di Milleluci, ma anche per gli esperimenti di Stryx.

Il percorso della mostra, realizzata con il supporto curatoriale di Cristiana Perrella, si compone come un continuo effetto di senso, stimolato e arricchito da un allestimento – ideato da M/M (Paris), ovvero Mathias Augustyniak e Michael Amzalag – che mira a coinvolgere quanto più possibile l’aspetto visivo, sensoriale, percettivo del singolo spettatore, che si innesta però in una memoria collettiva e in un immaginario culturale che ha superato le generazioni. I materiali delle Teche Rai si affiancano a dipinti, sculture e installazioni – selezionati con la consulenza scientifica di Massimo Bernardini e Marco Senaldi – facendo dell’estratto televisivo un’opera d’arte, anche grazie al nuovo lavoro di Vezzoli, Trilogia della Rai (2017), esposta in coda alla mostra e costituita da un montaggio di estratti televisivi nella quale l’artista ha inserito le icone che hanno segnato la sua infanzia e adolescenza. Roba da evocare il Walter Benjamin de “L’Arte nell’epoca della riproducibilità tecnica”.

Altrettanto interessante è l’organizzazione nel corso della mostra di alcune maratone dedicate ai programmi che hanno sperimentato nuove modalità di racconto televisivo: dal documentario d’autore al varietà femminile, dallo sceneggiato di genere al teatro d’avanguardia. Non solo un omaggio alla Rai, ma un riconoscimento del valore artistico e culturale che la produzione televisiva ha avuto, e continuerà ad avere. Se negli scorsi giorni abbiamo raccontato del primo Festival d’arte promosso da una rete tv, in questo caso abbiamo la tv, e la Rai nello specifico, farsi arte. Un’occasione non solo per rileggere quanto la tv è stata in grado di fare nei complessi anni ’70, ma anche per riflettere su quel che ancora la televisione rappresenta e può fare nell’arte e per l’arte.

 

Foto | Ugo Dalla Porta

Rai 1