Rai: Pensieri e Parole
Pensieri attaccati con lo scotch sulla Rai di ieri, di oggi e di domani
Il profumo sporco di una Milano innaffiata da una pioggia altrettanto sporca era lo scenario della corsa sfrenata di un automobile diretta verso il futuro, un futuro in verità lontano, ma che gli sembrava dietro l’angolo. Lui si era preparato da un pezzo al discorso che doveva fare, ma ancora non gli sembrava vero di quello che gli stava per accadere: la realizzazione di un sogno nato con i calzoni corti e che ora si stava per realizzare con gli abiti, freschi di stiratura, che gli aveva preparato mamma poche ore prima.
Sembra la partenza di un piccolo romanzo, ma era tutto li, pronto ad essere realizzato, senza che le abili mani di un romanziere facessero alcun che. Il sorriso beffardo era stampato sul volto di chi gli doveva fare il provino: “chissà cosa saprà fare questo qui“, pensava il provinatore, in realtà tutto era molto più semplice, c’era già tutto scritto, tutto era già deciso e quei provini erano semplicemente una delle tanti prassi che in Rai si dovevano svolgere, alla faccia dei provinati. Dall’appalto per la carta igienica, a quello per le matite, senza dimenticare quello per le gomme da cancellare, certo cancellare le tante cazzate che alcuni funzionari, poco o molto zelanti a seconda delle occasioni, avrebbero potuto vergare su degli imbarazzati fogli di carta intestata.
No, non è la Rai, anzi si, è proprio la Rai, proprio quella fabbrica abbandonata, con tanti piccoli fuocherelli accesi, come ci disse una volta il grande Gianni Boncompagni, frequentata da extra televisivi, che si sono accumulati negli anni grazie a questa e quell’altra “segnalazione” e che hanno succhiato il posto a chi questa azienda l’ha costruita mattone dopo mattone, sottraendo tempo e risorse alla propria vita, come tanti piccoli soldatini silenziosi, che nel buio delle proprie stanze, senza luci social che illuminassero il proprio lavoro, hanno fatto di questa azienda, la prima azienda culturale italiana.
Ma cosa è rimasto di quell’azienda, di quella Rai? Poco, se non la burocrazia, che ha coperto tutto, giorno dopo giorno. Come polvere ha annichilito il lavoro di chi vorrebbe lavorare, ha coperto l’entusiasmo di chi la ama e di chi l’amava e che l’ha dovuta lasciare. La Rai oggi è fondamentalmente fuori dalla contemporaneità e questo è il problema più grande. L’inespresso valore nascosto di un cancro che si irradia giorno dopo giorno e che uccide tutto, senza lasciare nulla dietro.
La Rai è una azienda pubblica e già questa è una piccola follia, perchè deve soggiacere alle relative regolamentazioni di aziende di questo tipo. La Rai è il megafono -suo malgrado- di una politica che non vuole lasciare l’osso, perchè quell’osso è l’unico tramite che gli rimane fra se ed i suoi elettori (e questa è forse la cosa più triste per la politica). La Rai dovrebbe fare una cura dimagrante, ma non per chiudere reti o tagliare chissà cosa, ma semplicemente per togliere tutta questa burocrazia, per vivere di se stessa, di quel che genera, di quel che racconta, senza dover pensare a soddisfare questo o quello, dimenticando cosi l’unico vero interesse di una azienda di questo tipo: ovvero servire il proprio pubblico, nel senso più stretto del termine, argomentando, facendo comprendere, rappresentando tutti e tutto.
Non vuote parole, ma comprensibili situazioni, che significa fare programmi per tutti, dall’informazione, alla fiction, dallo sport all’intrattenimento, dalla cultura ai programmi per bambini e per i ragazzi. Una televisione inclusiva che aiuti a rappresentare il mondo che ci circonda e che lo faccia anche capire a tutti, con le eccellenze nei vari campi.
Ed a proposito di eccellenze, tanto si parla della questione del tetto dei compensi artisti. Appare semplicemente incredibile che di questa cosa si parli da almeno otto mesi e anche più e nessuno abbia pensato di trovare una soluzione. Qualcuno pensa a provvedimenti ad hoc per questo o quel personaggio. Stupidaggine, in realtà occorrerebbe una soluzione che valga per tutti, ma proprio tutti. Una soluzione che dica quanto vale un personaggio che fa fiction, che fa giornalismo o che fa intrattenimento, perchè è il mercato che lo dice e se la Rai deve competere in un mercato è giusto e logico che competa con le medesime armi che hanno a disposizione tutti i soggetti che quel mercato, in questo caso televisivo, frequentano e sopratutto lo faccia senza vergognarsi.
Ma non solo artisti, parliamo anche di manager che se fanno bene è giusto e logico si portino a casa stipendi adeguati, ma che ovviamente se fanno male vengano cacciati e possibilmente senza buone uscite milionarie. Una azienda che sappia tornare a creare squadra, con i suoi migliori elementi riuniti in tavoli che possano dialogare fra di loro, non solo manager, ma anche conduttori, autori, personale tecnico, insomma un modo per creare sintonia ed idee comuni che facciano sentire le persone parti di un unico team.
E’ arrivato un nuovo direttore generale, si tratta del direttore del Tg1 Mario Orfeo, persona capace, equilibrata e che è riuscita a navigare in acque agitate tenendo la barra dritta. Uno che si dice lavori dal mattino presto fino alla sera tardi. Lasciamo dunque nelle sue mani questi piccoli pensieri, se avrà la cortesia di leggerli, glieli lasciamo affinchè possa rifletterci sopra, qualora lo vorrà. Gli auguriamo un buon lavoro, che certamente non gli mancherà e allo stesso tempo ci auguriamo che la Rai possa tornare a sorridere, si, pure con qualche lacrima, che non fa male, se rimane però isolata.