Myrta Merlino a Blogo: “Il ritorno a L’aria che tira dopo 3 mesi, la realtà aumentata in studio e la campagna contro l’odio sul web”
“Vi spiego cosa è cambiato con l’arrivo di Andrea Salerno alla direzione di La7. Il mio talk in prima serata? La volontà comune c’è, ma la priorità oggi è il quotidiano”
“Ho una bella voglia di ripresa. È stata una lunga pausa – di solito io mi fermo per un mese e mezzo al massimo – legata ad una cosa mia privata, grave. Era inevitabile, ho avuto un anno difficilissimo, con mia madre che è stata male; sono andata in tv tutti i giorni soffrendo; ho fatto una scelta: andare in onda comunque, per via della responsabilità nei confronti della mia squadra di lavoro e del pubblico. Ad un certo punto, però, la situazione era tale che ho capito che il mio dovere era fermarmi. Mi sono dedicata alla mia vita privata; l’estate è stata complicata. Il distacco dalla tv l’ho sentito e lo ha sentito anche il pubblico. Per strada ho incontrato gente che mi chiedeva ‘Ma lei torna? La prego, mi dica che torna!’. Quando ho smesso a giugno, da una parte mi sentivo sollevata, perché potevo stare con mia madre, dall’altra ho sentito la mancanza di un pezzo della mia vita, che è L’aria che tira. È casa mia, è la mia famiglia“.
Myrta Merlino racconta così ai microfoni di Blogo l’assenza dalla tv durata quasi 3 mesi. A inizio giugno ha salutato anzitempo i telespettatori dicendo di aver “bisogno di dedicarmi alla mia famiglia“. Alla fine dello stesso mese una breve apparizione per chiudere la stagione ‘autunnale’ e lanciare quella estiva. Domani, lunedì 11 settembre, la giornalista tornerà alla conduzione di L’Aria che tira, il talk quotidiano in onda su La7 dalle ore 11 e giunto alla settima stagione.
Partiamo dalla scorsa edizione. Sei soddisfatta dei risultati?
Il programma va molto bene, funziona, la formula è super-consolidata, piace al pubblico. L’anno scorso era difficile perché dopo il referendum la situazione politica è stata paludosa. Nonostante questo, la prima parte ha fatto registrare il +12% arrivando quasi al 6% di share, la seconda – difficilissima, perché va contro i telegiornali – il +21%. È stata una stagione meravigliosa.
Ok. Quindi non cambierai nulla.
No, non è vero. Il nostro core business è raccontare in diretta il Paese. La7 è una all news con delle personalità molto forti. Ogni conduttore ha una sua cifra. Perciò dobbiamo affinare la nostra identità e il nostro linguaggio.
In che modo?
Una novità è l’utilizzo della realtà aumentata in studio. Il nostro studio è piccolo, spartano, da quotidiano; la realtà aumentata dà la possibilità di avere una scenografia mutevole che ogni giorno cambia forma e contenuto; così la scenografia diventa un prosieguo del racconto verbale. Insomma, raccontiamo anche attraverso le parole, i numeri, le immagini in 3D. Il terremoto a Ischia lo racconteremo con Ischia in 3D al centro dello studio. Insomma, il racconto sarà più pervasivo, non sarà solo questione di rendere più bella la scena.
Sarà l’unica novità?
No. Nella prima puntata, insieme alla Presidente della Camera Laura Boldrini, lancerò la campagna contro l’odio sul web. Si chiamerà #odiolodio, avrà un suo logo e un luogo sul web dove si potranno raccontare le violenze subite. In studio mostreremo i tweet offensivi, che siano scritti da persone comuni o da politici. Mi voglio impegnare personalmente su questo. Sono una donna, ho un ruolo pubblico, sono purtroppo oggetto di violenze verbali su internet. La Rete non può essere un altrove dove tutto è permesso, ma è qualcosa che forma la coscienza collettiva. La violenza sul web trasmigra nella vita reale. Dunque, soprattutto chi ha un ruolo pubblico – e ha gli strumenti per farlo – ha il dovere di fermare questa violenza.
Le elezioni politiche, previste per il 2018, aiutano programmi come L’aria che tira?
Per noi è una manna. Sarà un anno molto interessante. Quando c’è l’onda si surfa meglio. Per dire, l’anno scorso con il referendum abbiamo fatto picchi del 9%. A parità di condizioni per tutti, noi siamo riusciti a surfare al massimo. Alla convention di presentazione dei palinsesti di La7, Cairo quando ricordò che il 2018 sarebbe stato un anno elettorale aveva gli occhi che brillavano (ride, Ndr). È così: siamo una piccola televisione, ‘povera’, che vive di attualità e quando l’attualità cresce a noi ci brillano gli occhi.
La struttura del programma, con divisione in due parti, resterà invariata?
Sì. In apertura ci sarà un mio breve speech e alcune figure che ruotano intorno a me con l’aiuto del 3D. Poi ci sarà un’altra novità…
Quale?
Abbiamo immaginato una serie di lezioni, con video tridimensionali, su alcuni temi. Sto pensando, per esempio, ad una lezione sull’odio, con un grande psicologo come Ammaniti o Crepet. Fermarsi e provare a capire – con un minimo di profondità storica – come si costruisce il mostro. Un programma quotidiano di due ore e mezza si può permettere di avere un aspetto divulgativo. Senza essere mai noiosi.
La tua conduzione è troppo femminista?
Femminista no, io non lo sono. Conduzione femminile, sì. La rivendico. È una questione di identità. La televisione non deve essere una marmellata tutta uguale, con gli stessi ospiti che fanno la stessa cosa. La vera cifra di diversità è la tua sensibilità, la tua empatia, il tuo modo di essere, l’ironia. Io mi sento molto donna nelle mie reazioni. Non nascondo le mie emozioni. Mi commuovo in onda in alcuni casi, mi si rompe la voce. Ma è tutto vero. Cerco di essere molto aderente a ciò che sono, perché la televisione alla fine tira fuori l’essenza e l’autenticità di chi la fa. Se sei autentico, puoi piacere o non piacere, ma rimani credibile. Se ti dai un ruolo, non funzioni.
Con l’arrivo del nuovo direttore Andrea Salerno cosa è cambiato per te?
Salerno è un autore, ha fatto la vita che faccio io, se gli parlo di luce della scena, di come fare un promo, del braccio di una telecamera, so di farlo con una persona che ha la mia stessa esperienza. Questo è bello, perché di solito i dirigenti televisivi dentro una sala di montaggio non ci sono mai stati. Andrea è molto appassionato, gli piace questo lavoro in modo folle. Se poi andremo d’accordo lo scoprirò, ma intanto parliamo la stessa lingua. E comunque è sempre stato presente in questi giorni, è venuto spesso in studio durante le prove.
Chiudiamo con la questione prima serata. L’esperimento dell’estate 2014, che non andò male…
Andò bene. Peraltro con un budget che era un decimo rispetto a quello normale.
Ecco, dicevo: quell’esperimento sembrava doversi ripetere di lì a breve, ma passano gli anni e L’aria che tira non riesce ad approdare in prime time. Come mai?
L’anno scorso – al di là delle mie questioni famigliari – il problema era rendere compatibile il programma quotidiano con quello serale. Anche perché il programma della mattina io lo considero casa mia. L’ho costruito da zero, non è un programma qualunque, non è Unomattina che cambia conduttore e basta. È una mia creatura.
Il nuovo direttore cosa ti ha detto?
‘Ragioniamoci con calma, vediamo se farlo in una fase avanzata della stagione’. Il progetto è sul tavolo, ma non ne abbiamo ancora parlato, anche perché sono tornata al lavoro da due settimane. Però, insomma, è nell’aria. La volontà esiste, sia da parte loro sia da parte mia. Bisogna trovare la quadra per far in modo che sia un potenziamento del marchio che già esiste al mattino e che oggi è la priorità.
Dunque, c’è da attendere ancora. Intanto Giletti, appena arrivato, ha la sua prima serata già pronta…
(ride, Ndr). Per me le cose devono succedere quando devono succedere. Giletti, è vero, fa televisione pop, ma ci arricchirà. Su La7 c’è spazio per tutti, non la vivo come un problema.