Panariello, non sei Fiorello…
Il comico che ha poco da ridere è una delle realtà più sconfortanti dello spettacolo italiano. Prendete Giorgio Panariello, che fino a qualche anno fa spopolava al sabato sera dando filo da torcere alla concorrenza defilippica. Da Sanremo 2006 non è più lo stesso: fa il tutto esaurito a teatro, questo sì, ma per il
Il comico che ha poco da ridere è una delle realtà più sconfortanti dello spettacolo italiano. Prendete Giorgio Panariello, che fino a qualche anno fa spopolava al sabato sera dando filo da torcere alla concorrenza defilippica. Da Sanremo 2006 non è più lo stesso: fa il tutto esaurito a teatro, questo sì, ma per il resto “si accontenta” di ospitate, camei cinematografici e markette pubblicitarie (ha persino aperto un blog, a dire il vero curato pessimamente). Non che la tv sia tutto, sia ben chiaro, ma in un’intervista del giorno rilasciata a Il Giornale si mostra malinconico, persino disfattista:
“Se è vero che la tv mi ha dato la popolarità, mi ha tolto la serenità. Intanto non è proprio vero che sia sparito dallo schermo. Quest’anno ho fatto moltissime ospitate. Ma è vero che non ho più la mia serenità. È il prezzo che devi pagare, quando fai le cose come le faccio io. Con tutto me stesso”.
Quando gli vien posta la fatidica domanda, ovvero se il varietà è morto, ha una precisa opinione in merito:
“Già alla prima edizione di Torno Sabato al varietà tv avevano dato l’estrema unzione. Poi noi avevamo Paolo Belli, che non vendeva un disco, e Tosca D’Aquino, che era attrice e non soubrette. Ma i risultati li avete visti. La crisi non riguarda il varietà, che resta il vero patrimonio della nostra tv. Riguarda chi lo scrive. Il settanta per cento degli autori sono semplici “scalettisti”: a tirar fuori idee buone e inedite, in tutta Italia, sono rimasti in cinque o sei. Però col mio autore di fiducia Giampiero Solari stiamo già lavorando a un nuovo show”.
Per preparare il suo ritorno sulle scene Panariello si è preso addirittura due anni di tempo: un nuovo show tutto suo non sarà pronto prima dell’autunno 2010. Sarà sulla falsariga di Torno Sabato, con la formula invariata dello spettacolo intinerante da un palasport all’altro, ma non in Italia:
“Coinvolgerà le comunità italiane all’estero, Francia, Germania, Belgio. Una taglio nuovo, un pubblico diverso”.
E non finisce qui, perché il noto mattatore toscano detta delle sue precise condizioni in merito:
“Poche puntate, quattro, cinque al massimo; mai più abbinato alla Lotteria Italia; mai più durante un periodo di garanzia (quello in cui le esigenze di ascolto sono tassative); mai più in sfida diretta coi big della concorrenza: dalla De Filippi a Bonolis, i derby li ho giocati tutti io. Ma una volta almeno vorrei incontrarmi col Chievo Verona. Per correre incontro agli ascolti finisci per fare cose che non vuoi. La lunghezza interminabile di questi varietà, ad esempio: il mio non dovrà più durare le interminabili tre ore canoniche, ma due al massimo”.
Il punto, caro Panariello, è che non ti chiami Fiorello (lo diceva anche Malaparte a suo tempo). Per un Re Mida della “senza fissa dimora catodica” che fa dell’apparizione di lusso un potere d’acquisto, ci sono i conduttori impiegati, che devono mandare avanti la baracca tutto l’anno. Tutto sta nel capire, ora come ora, se il nostro Giorgio è ascrivibile agli uomini-evento o dovrebbe fare un passo indietro, prendendo lezioni di basso profilo dal suo amico Carlo Conti.
Intanto, la sua parabola professionale getta luce su una tv che diventa fedelissimo specchio della società. Se i palinsesti autunnali si fanno sempre più al femminile, l’uomo di televisione è sempre più nelle retrovie, con una reazione a metà tra la nostalgia e l’insofferenza.
C’è Bonolis che non vuole più gli facciano un pacco e implora un contratto a progetto, Fiorello che rifiuta qualsiasi incastro ottenendo di andare fuori garanzia. E poi c’è Panariello, che con la sua solidarietà ci fa commuovere e con le sue imitazioni resta insuperabile. Ma da qui a tirarsi la calzetta, prendendo dalla tv solo gli onori e non gli oneri, è un passo azzardato anche per lui.