The Newsroom: Aaron Sorkin in cerca del giornalismo perfetto fa di nuovo centro (nonostante le polemiche)
Polemiche in America per The Newsroom, il nuovo show di Aaron Sorkin. Ma merita tutte queste accuse?
Aaron Sorkin negli anni è diventato portavoce di una tv parlata, dove le parole assumono il peso che meritano e dove i personaggi da lui sviluppati si fanno paladini di valori ed ideali più o meno giusti, in una battaglia dialettale che incanta ad ogni episodio. Con questa premessa, in molti aspettavano l’esordio di “The Newsroom”, il nuovo show dell’autore di “The Social Network”, in onda da qualche settimana sulla Hbo.
Sorkin è sempre affascinato dai dietro le quinte delle stanze del potere: dopo aver analizzato a fondo cosa succede alla Casa Bianca (“West Wing”) e dopo averci raccontato le dinamiche dei media americani (“Studio 60 on the sunset strip”), ora è la volta di sviscerare il mondo dell’informazione televisiva.
“The Newsroom” è ambientato in una redazione giornalistica di una tv all news via cavo, dove lavora Will (Jeff Daniels), famoso anchorman noto per il suo fascino e per essere sempre stato neutrale. Qualcosa cambia quando Will, “stremato” da un dibattito politico a cui è stato invitato, riversa tutto il suo pensiero sull’America di oggi ai presenti, giovani studenti americani. Dopo il salto, il video sottotitolato in italiano del monologo iniziale del telefilm.
L’America non è più il più grande Paese del mondo: Will rivela la verità di fronte ad un pubblico attonito senza più fermarsi, un fiume in piena di parole e rabbia che ricorda moltissimo il monologo proprio di “Studio 60”, nel quale il creatore del programma protagonista della serie (Judd Hirsch) invita addirittura i telespettatori a cambiare canale.
Ora, la forza delle parole è la stessa, ma cambia l’oggetto del discorso: l’informazione americana, non più fatta di notizie, ma costruita su un sistema che tende a distrarre il pubblico dalle questioni importanti e, cosa più grave, dagli errori del proprio Paese. L’America è una nazione libera, certo, ma ci sono altri 180 Paesi nel mondo che lo sono. Ed allora, cos’è fa grande una nazione? La capacità di informare il popolo.
L’ “illuminazione” di Will lo porta a rivedere il suo programma serale, spostato di un’ora per fare spazio a Don (Thomas Sadoski), come punto di riferimento della sua nuova filosofia giornalistica. Will impara i nomi dei suoi collaboratori, esige una scaletta che evidenzi le notizie meno trattate dagli altri network, chiede gli ospiti non più importanti in sè, ma i più importanti ai fini della notizia stessa.
Al posto di Don, che era il suo produttore esecutivo, il presidente della Acn, Charlie (Sam Waterston), assume Mackenzie (Emily Mortimer), ex inviata di guerra ora decisa a mettere radici. E, cosa più importante, ex fidanzata di Will.
Con “The Newsroom”, Sorkin si è portato dietro numerose critiche, guarda caso, proprio dal mondo dell’informazione: c’è chi sostiene che il suo show non sia realistico, che i personaggi non rappresentino la categoria dei giornalisti com’è veramente (perchè, i medici sono tutti come quelli di “Grey’s anatomy”?) , e che con questa serie tv l’autore si stia compiacendo troppo. A questo, aggiungete la notizia secondo cui Sorkin avrebbe licenziato gli autori della prima stagione in tronco per trovarne di nuovi (notizia in parte smentita dall’autore: “Alla fine della stagione, ti vedi con i produttori per capire come migliorare. E saranno fatti un paio di cambiamenti”).
D’altra parte, Sorkin non è uno sprovveduto, e sapeva che andando ad inserirsi in un ambiente così caldo e suscettibile, qualche critica l’avrebbe ricevuta. Compresa quella di maschilismo: secondo alcuni, “The Newsroom” rappresenta le donne come stupide, al contrario degli uomini. Accuse respinte al mittente: “le donne nello show sono uguali agli uomini”, ha detto. “Le donne nello show non parlano solo di fare bene il proprio lavoro, lo fanno veramente un buon lavoro”.
Ma come mai questa serie, che in fin dei conti punta a migliorare l’immagine del giornalismo televisivo raccontandone i dettagli e gli ostacoli che incontra nel raccontare le notizie, non convince i diretti interessati? Lasciando da parte la questione dei personaggi eccessivamente romanzati e sempre pronti alla battuta, elemento indispensabile per rendere un telefilm amato dal pubblico, i diretti interessati sono stati colpiti nel loro punto debole.
Quando si scrive un pezzo o si prepara un servizio, è inevitabile pensare “potevo farlo meglio, cercare qualche altre informazione, sentire altre fonti”. “The Newsroom” offre proprio quel qualcosa in più che si sarebbe potuto fare su certe notizie: non è un caso che le notizie che vengono raccontate dalla serie sono fatti realmente accaduti un anno fa (dal disastro ambientale del Golfo del Messico, all’attentato a Gabrielle Giffords, passando per la primavera araba e l’uccisione di Osama Bin Laden), con tanto di riferimenti alle all-news reali.
“Un giornalismo migliore è possibile?”, si domanda Sorkin, che ha scritto tutte le puntate di “The Newsroom”, senza affidare a terzi la responsabilità di ciò che il pubblico avrebbe visto. La risposta sta tutta nel primo episodio della serie, uno dei migliori visti in questa stagione televisiva.
Senza un vero e proprio crescendo di emozioni e pathos, ma viaggiando di giorno in giorno sul flusso delle notizie ed andando controcorrente al pensiero ormai diventato comune secondo cui il giornalismo consiste nel riportare la notizia che interessa di più il pubblico, “The Newsroom” può essere compiaciuto quanto vuole, evidenziare le pecche della categoria, dare lezioni di morale ed anche far ridere. Fin quando resterà la necessità di sperare che sì, un giornalismo migliore è possibile (Italia compresa), allora “The Newsroom” continuerà ad avere un senso.
[Dichiarazioni via TvLine]