Sanremo e l’embargo sul vincitore: @corriereit, «titolo partito per sbaglio».
Regola non scritta – e anacronistica – che si scontra contro il mondo dei social, dopo aver pagato pegno alla Gialappas’ in radio e ai blog su Splinder.
18.00: dopo uno scambio di vedute sul tema con Andrea Laffranchi – in cui si disserta semanticamente di scoop, embarghi ed errori tecnici –, il giornalista del Corriere mi linka il pezzo che c’è online. Sostanzialmente, al CorSera sostengono che si tratti di un tweet partito per sbaglio.
Ecco qua:
«In redazione l’ansia è palpabile: tra Arisa, Gualazzi & Bloody Beetrots e Renzo Rubino abbiamo la sensazione che trionferà la prima. Una sensazione, rafforzata del dato che era arrivata davanti agli altri due nella classifica provvisoria del giovedì. Niente più: quest’anno dalla sala stampa non è arrivata nessuna notizia in anteprima, nessun annuncio embargato. Decidiamo però di fidarci del nostro istinto. E di preparare il titolo sulla vittoria di Arisa, esattamente come sopra, pronti a esportarlo, come si dice in gergo qui all’online, ovvero a pubblicarlo non appena ci sarà l’ufficialità. O a modificarlo immediatamente qualora ci fossimo sbagliati. Lo si fa sempre in questi casi, lo abbiamo sempre fatto, per non perdere nemmeno un secondo una volta che arriva l’annuncio.
Improvvisamente, sei minuti prima che Fazio ci dica chi ha vinto, veniamo subissati di sms e di telefonate: «Avete dato la notizia in anteprima» , «la sala stampa è nel panico», «Arisa è infuriata». È impossibile, rispondiamo, in homepage il titolo è ancora sulla terna e nel pezzo pure: «no, l’annuncio l’avete dato su twitter, sul profilo di corriereit». Ma dai, non è possibile. Andiamo a vedere. Purtroppo è vero: il nostro titolo di prova è finito sull’account ufficiale del nostro giornale. Un errore “tecnico” al quale stiamo cercando di dare una spiegazione tecnica.
Il problema è che Arisa vince davvero e noi in redazione e i nostri colleghi a Sanremo, veniamo accusati di aver violato un embargo che non c’è mai stato, mentre qualcuno più spiritoso ci attribuisce doti di preveggenza. Hai voglia a spiegare che le cose sono andate come sopra, ma è, incredibilmente, proprio così. Non ci resta che cancellare un tweet che non possiamo rivendicare. E chiedere scusa per uno scoop dato davvero per sbaglio».
Non è chiaro come faccia un titolo di prova a finire su un profilo Twitter. Tant’è, questa è la versione offerta dal giornale, anche se la spiegazione tecnica di tecnico non ha proprio niente e si sente rumore di unghie su vetro. L’effetto percepito, comunque la si voglia mettere, è stato una violazione d’embargo (e infatti molto spesso gli embarghi vengono violati accidentalmente, per problemi tecnici o per errori umani, mica per dolo. Ricordate l’epic fail di Vanity Fair sulla prima edizione di Masterchef?).
@albertopi @Corriereit @lord_tvblog c'è un pezzo in home page adesso http://t.co/haF7HTstl3
— Andrea Laffranchi (@alaffranchi) 23 Febbraio 2014
Resta una domanda: cosa sarebbe successo, se questa farraginosa spiegazione “tecnica” fosse stata data da qualche testata meno blasonata?
Embargo: una polemica da addetti ai lavori
23 febbraio 2014, 13.17: è una polemica tutta da addetti ai lavori, quella dell’embargo violato. Ma parliamoci chiaro: se a farlo fosse stato TvBlog e non il Corriere, cosa sarebbe successo? Ieri in conferenza stampa si era arrivati a minacce di espulsione dalla sala stampa o magari di mancato ri-accredito nei confronti di chi si fosse “macchiato” della colpa.
Alla fine, al di là dell’arrabbiatura di alcuni colleghi, è un bene che l’embargo sia stato violato dal CorSera, perché così si mostra tutta l’assurdità del concetto stesso.
Così com’è assurdo che in sala stampa si sia detto, inizialmente,
«Stiamo calmi, sarà stato qualche sito»
Non è stato qualche sito. I siti sono anche testate registrate, a volte. Che lavorano professionalmente anche se vengono relegati a postazioni da serie B da una logica vecchia e anacronistica. Esattamente come l’embargo.
Segnalo anche che il maldestro e incauto uso di notizie embargate da parte del profilo social del CorSera, che ha poi cancellato e ripubblicato due volte il Tweet, non è stato seguito nemmeno da una riga di scuse.
A dimostrazione del fatto che “qualche sito” quando sbaglia lo ammette. I big, invece, fingono che non sia successo niente.
1.15: il profilo Twitter del Corriere della Sera cancella il Tweet e poi lo ripubblica diversamente. Va be’. Ecco lo screenshot del precedente.
1.07: Arisa ha vinto il Festival di Sanremo 2014. E a violare l’embargo è stato il profilo Twitter ufficiale del Corriere della Sera, che esce ben 12 minuti prima della diffusione della notizia.
La cosa, alla luce dei discorsi fatti oggi in sala stampa (si è parlato addirittura di “buttar fuori” chi avesse violato l’embargo), appare decisamente divertente e fa riflettere.
Arisa va «Controvento» e trionfa al Festival 2014 http://t.co/YuFdnNBte5
— CorrieredellaSera (@Corriereit) 22 Febbraio 2014
Forse andrebbe tutto ripensato, no, cari colleghi?
Sanremo e l’embargo sul vincitore
Sanremo 2014 paga pegno alla modernità con l’embargo sui nomi dei vincitori. Spieghiamo per i non addetti o i non avvezzi:
«nel linguaggio giornalistico, impedimento posto alla diffusione e alla pubblicazione di una notizia prima di un termine stabilito» [via Treccani]
L’embargo è una regola non scritta. Fa parte, in un certo senso, di quel giornalismo embedded cui siamo abituati da tempo. Per un po’ ha fatto parte anche di una sorta di “bon ton” della professione, di patto non scritto fra l’ufficio stampa e il giornalista. Io ti dico chi vince prima che lo sappiano gli altri, tu non lo dici a nessuno finché non viene annunciato in tv, così hai tempo di scrivere il pezzo prima che chiudano le rotative e domani esci sulla carta stampata bello pulito e lindo e aggiornato. Fantastico.
Poi è arrivata la Gialappa’s in radio e sono spuntati anche i blog su Splinder, e questa usanza, da allora, è stata sistematicamente infranta e distrutta: in radio si sapeva il vincitore, a volte anche un’ora prima. Sul web pure. Ad un certo punto sono spuntati i social network ed è finito tutto. Forse, però, gli uffici stampa e i giornalisti di peso non se ne sono mai accorti. E infatti:
«Sono passati dieci secondi dal premio della critica al primo tweet»
ci si lamenta in sala stampa durante la conferenza di oggi. E parte il monito (con tanto di applauso): «Stasera niente violazioni».
Chi ha violato l’embargo ieri? Per capirlo bisognerebbe risalire a ritroso nella timeline di Twitter e sinceramente è un compito che lascio volentieri a terzi. Ma la domanda è un’altra, dal mio punto di vista. Ovvero: che senso ha l’embargo, oggi?
C’è Twitter. C’è Facebook. Si parla dell’evento. Chi ne parla lo guarda. Chi non vuole sapere come va a finire non ne parla su Twitter o se ne parla su Twitter e si becca lo spoiler, be’, problemi suoi.
L’embargo è una consuetudine vetusta, che esiste solo come retaggio di un mondo, quello della carta stampata, che non avrebbe più bisogno di essere così tanto difeso. E’ il medesimo retaggio che relega “il web” fuori dall’Ariston. E che prima o poi crollerà.
Se non si vuole che le notizie trapelino, basta non darle. Se no, l’essenza stessa del social network distrugge – con buona pace di accordi e deontologia, che francamente si dovrebbe applicare con scrupolo in tutte le sue (altre) declinazioni –, giocoforza, il concetto stesso di embargo.
Toccherà farsene una ragione prima o poi. Anche se le rotative chiudono presto, bisognerà smettere di essere fuori dal tempo.