Mission, Giancarlo Leone: “Non è reality, ma social show: non ci sono diretta, eliminazioni e giochi”
Anche il consigliere della Rai in quota Pdl Antonio Verro attacca il nuovo programma di Rai1, che Leone ora definisce “social show”.
In tempi di governo di larghe intese, non poteva mancare il commento critico nei confronti di Mission, il docu-reality in onda tra novembre e dicembre su Rai1, da parte del Pdl, a distanza di qualche ora da quelli di Pd, M5S e Sel (oltre che molte Ong). È il consigliere Antonio Verro a parlare, prendendosela esplicitamente con Giancarlo Leone:
Il programma l’ho sempre criticato: cosa c’entri un reality nei luoghi in cui la gente soffre non arrivo a capirlo. Si è intestardito il direttore di Rai Uno Giancarlo Leone, già dai tempi in cui dirigeva l’intrattenimento.
Verro insiste, dimenticando di precisare che anche lui votò a favore dei palinsesti, accettando dunque Mission (gli unici contrari furono Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, mentre Antonio Pinto era assente):
Se vuoi raccontare la realtà dei campi profughi fai un reportage, un’inchiesta. Era nel palinsesto che è stato approvato, quindi tutti sapevano.
Della rassegna delle voci preventivamente critiche nei confronti del nuovo programma di Rai1 fa parte anche Famiglia Cristiana, che in un articolo attacca:
Abbiamo scarsa fiducia e considerazione di chi – parliamo dei vip – si è prestato al gioco, in cambio dei famosi 10 minuti di fama che non si negano a nessuno. La tentazione apparecchiata da Mamma Rai è stata irresistibile ed ha trovato proseliti. (…) È il reality per una buona causa, quella che ti porta dentro la guerra e i suoi abissi guidato dalla mano amica di chi fino a ieri discuteva in tv di dieta, borse sotto gli occhi e inestetismi da botulino. Ci stupiamo di quelle Ong che si sono dette favorevoli solo perché fa pubblicità alla loro azione umanitaria.
E Giancarlo Leone cosa replica? Il direttore di Rai1, come riportano molti quotidiani stamane, smonta la componente reality del nuovo programma a cui dovrebbero prendere parte anche Al Bano, Emanuele Filiberto di Savoia e Michele Cucuzza e invita a considerarlo un “social show”:
Si è montato un dibattito su una parola, reality, che non esiste nei fatti: la presenza dei personaggi sarà documentata in loco e successivamente oggetto di montaggio. Quindi, come previsto, né diretta, né eliminazioni, né giochi, ma il racconto di realtà drammatiche con la sensibilità e la correttezza dovute. Si accettano critiche postume.
A questo punto la domanda si impone: se la componente reality è praticamente assente nel format di Mission, che senso ha raccontare il dramma dei campi profughi del Sud Sudan e del Congo attraverso gli occhi dei vip rischiando inevitabilmente di spettacolarizzarlo?
Intanto Il Fatto quotidiano rivela che la trasmissione in due puntate costa nel complesso 300 mila euro ed è un format prodotto da Rai Uno in collaborazione con Tullio Camiglieri, ex dirigente Sky (coproprietaria del format è la Dinamo Italia Srl). Inoltre il giornale di Padellaro e Travaglio fa notare che ad agosto scorso la tv di Stato smentì che Cucuzza e De Rossi, bloccati in Congo per l’emergenza Ebola, si trovassero lì per realizzare un programma Rai (cioè, appunto, il numero zero di Mission). Sul sito del Corriere della Sera per esempio si segnalava la dichiarazione dell’ufficio stampa di Viale Mazzini:
Il nostro palinsesto è già definito. De Rossi e Cucuzza non sono lì per Rai1.
La stranezza è nel fatto che oggi invece la Rai difenda a spada tratta un programma di cui fino ad un anno fa negava l’esistenza.