Grande Fratello 12 – Il catalogo Postalmarket del nuovo millennio
Recensione e divagazioni sulla prima puntata del Grande Fratello 12. Gallery di immagini.
Qualcuno ricorda il catalogo Postalmarket? Voi direte: che c’entra, con il Grande Fratello 12? C’entra, fidatevi. Esiste ancora, pensate, il catalogo Postalmarket. Ma è su internet e, fatalmente, non ha più la stessa poesia di un tempo. Si trattava, per chi non ne avesse memoria, di un catalogo per acquisti per corrispondenza che veniva spedito a cadenza trimestrale (o semestrale) a casa di potenziali consumatori. Te lo spedivano soprattutto se consumavi e compravi. Il catalogo Postalmarket racchiudeva in sé il desiderio di ognuno: la possibilità di comprare, e quindi di possedere, qualsiasi cosa. Dai semi delle piante più strane ai box doccia, dalla lingerie più erotica al calcio balilla per bambini. Ogni prodotto era accuratamente fotografato in maniera patinatissima, in modo da farti sembrare ciò che avresti dovuto desiderare ancor più appetibile e desiderabile. Ma le fotografie patinate si accompagnavano, miracolo e genialità del marketing, a prezzi popolari, alla portata delle tasche delle famiglie medie.
E non parliamo delle modelle, che ricordo bellissime e sensuali (dei modelli, per appartenenza e orientamento sessuale, non ho memoria. Ma immagino che si possa dir la stessa cosa) e, cosa non indifferente, davvero molto scoperte, almeno per l’era in cui non esisteva internet, a sfoggiare intimi lussuriosi che stimolavano le fantasie più proibite.
Quando arrivava il catalogo Postalmarket via posta, c’era allegata la scheda da compilare coi codici di quel che volevi. E tu, giovine consumatore, avresti voluto davvero tutto. Per poi scoprire, con il passar anni, che non c’era fine al tutto che avresti voluto e che, comunque, quel tutto non sarebbe bastato a soddisfarti. Soprattutto, non era affatto detto che la tua famiglia facesse un’ordinazione e che tu, dunque, avessi il diritto di comprare qualcosa anche per te. Allora il catalogo Postalmarket rimaneva lì, a volte utile, più spesso a farsi sfogliare, patinato e desiderabile in quanto oggetto cartaceo e non più in quanto raccolta di oggetti da comprare. Non potendo avere gli oggetti, ti accontentavi del catalogo in sé, per poi rimaner deluso dal quella lussuria ingannevole. Non c’era suspense, nel catalogo Postalmarket: anche se solleticava i tuoi pruriti – o forse proprio per questo – sapevi sempre come andava a finire.
Ecco il Grande Fratello 12, nel suo kick off (che abbiamo seguito in diretta), è esattamente questo: un simulacro. Non potendo (più? O da mai?) raccontare la vita vera si accontenta di un surrogato, che però dev’essere quanto più patinato possibile. Offre un catalogo di tipi, non di persone. Pesca nel bacino ristretto di chi ha già avuto esperienze nel mondo dello spettacolo – alla faccia dei ragazzi normali -: ex concorrenti di Miss Italia, una Miss maglietta bagnata e finalista a Lady Burlesque, modelle e modelli a go-go, un’igienista dentale “attrice” e modella, un’etero Miss Lesbica 2010, gente che ha fatto tv o che è legata in qualche modo al mondo dello spettacolo. E qualche spruzzata di persone “qualunque” ma comunque troppo belle, troppo patinate, per non farle sfigurare in mezzo agli altri. Solo che nelle descrizioni dei protagonisti del catalogo i loro passati nel mondo dello spettacolo spariscono quasi completamente. E appare, invece, quella professione così interessante e alla moda che è l’igienista dentale. Sarà un caso, ma l’epifania dell’igienista consente a Signorini di far la battuta su noti fatti di cronaca e noti personaggi politici che qui non citerò perché fan parte di altri cataloghi. Sui quali c’è ben poco da scherzare.
Grande Fratello 12 – Prima puntata, foto
Un catalogo di umanità varia ma poco umana, nella quale non ci si può immedesimare, sfogliato da un meccanismo che è, per forza di cose, sempre uguale a se stesso, che non offre mai sussulti, che non ti stupisce mai, se non per il modo in cui viene rappresentato: patinatissimo, per fartelo desiderare. I led sempre più grossi, sempre più presenti, sempre più da guardare, sempre più forma, colori e luci e immagini in movimento dentro alle immagini in movimento, per farti illudere della presenza di una sostanza.
Ma comunque “utile”. Per l’azienda che lo manda in onda, ovviamente. E anche per quei telespettatori che, immergendosi nel catalogo, trovano, forse, una via di fuga a vite troppo piatte. Oppure avvertono la sensazione di non essere poi così male, confrontandosi con quei “belli da catalogo” che, prima o poi, fra strisce quotidiane e diretta 24 ore su 24, emergeranno per forza anche nelle loro brutture e meschinità. Ma senza esagerare.
E’ pur sempre un catalogo a prezzi modici. E infatti, il principe Kiran Maccali non è un principe vero, lo si racconta così solo per una fetta di programma. Le favole vere costano troppo.
E lui, anche se sembra una tigre di Mompracem, in oriente non c’è mai stato. Proprio come Emilio Salgari non era mai stato in Malesia.
Tant’è, salvo scossoni, il Grande Fratello 12 reggerà per almeno 6 mesi il palinsesto di Canale5 fra prime serate, strisce, pomeriggi dursiani e domenicali, mattine, ospitate, paparazzate, spiate, scoop, news e curiosità da far crescere ad ogni costo. E così si proporrà al telespettatore un altro catalogo, di baci rubati, di passati che riemergono, di fatti di vita vissuta che si finge essere notizie di vita vera. E poi imperverseranno i video e le immagini delle docce, i bikini, i perizomi, la caccia alla prima coppia, il sesso, il petting: una disperata ricerca della sessualità pruriginosa da raccontare, però, come la si può raccontare in prime time. Un culo ogni tanto e un po’ di moralismo che non fa mai male. Un culo possibilmente bello e patinato. Che prima o poi verrà nominato e dovrà uscire dalla porta rossa della casa.
Come il catalogo Postalmarket, tocca accontentarsi sapendo che si rimarrà delusi a priori da quella lussuria ingannevole. Non c’è suspense nemmeno nel Grande Fratello. E noi, tutti, nessuno escluso, saremo complici del meccanismo narrativo più elementare – e per questo più funzionale di qualunque altro -, per il solo fatto di parlarne.