Dov’è mia figlia?, un puzzle ben pensato ma col freno a mano
La prima puntata di Dov’è mia figlia, su Canale 5, mostra una storia forte ma con scene e ritmo non all’altezza
La storia di “Dov’è mia figlia?”, almeno al principio, ha ricordato al sottoscritto una serie danese, da cui è stato tratto il telefilm americano “The Killing”: la scomparsa di una ragazza, in una famiglia apparentemente felice, scatena un gioco di sospetti e dubbi sull’affidabilità dei vari personaggi al punto che alla fine, il mistero di Rosie Larsen diventa solo uno dei tanti a cui ci si è appassionati. Una somiglianza che però si dissipa nel giro di pochi minuti, sia per la storia stessa che per altri motivi.
La fiction di Canale 5 con Claudio Amendola, dicevamo, in parte ricorda la stessa struttura di questa serie: partire da un mistero -la scomparsa di una ragazza- e deviare poi il tracciato narrativo lungo altre linee, dalla crisi coniugale del protagonista Claudio con la moglie Sabina (Serena Autieri), alle difficoltà economiche della società di cui è capo, passando per i loschi affari del socio (Edoardo Leo) e le indagini dell’investigatrice Cavani (Nicole Grimaudo), pigra nel suo nuovo incarico dopo il passaggio dalla Infiltrati.
In questo, “Dov’è mia figlia?” riesce a raccontare una storia che promette bene per le prossime tre puntate. Non un solo mistero, ma tanti, forse legati l’uno all’altro, ma comunque diversi e intriganti a un pubblico eterogeneo: c’è chi si appassionerà nella scoperta dell’amante del protagonista, chi vorrà sapere come risolverà il buco economico al lavoro, chi vorrà scoprire quali segreti nasconde la Cavani ed, ovviamente, chi seguirà la fiction per conoscere che fine ha fatto Chiara. Eppure, di fronte a questi misteri, ci domandiamo: come mai, di fronte ad una storia potenzialmente forte, si è deciso di lavorare così cautamente alla sceneggiatura ed ai dialoghi?
Dov’è mia figlia?
E’ questo che stona nel vedere il primo episodio: di fronte ad una trama intrigante ed ad un cast azzeccato (tra cui una Giulia Bevilacqua in inedite vesti da bionda), il ritmo non sa che velocità prendere, col risultato che alcune scene passano veloci e fluide, altre, invece, sembrano riempitive per giungere a fine puntata. Insomma, un freno a mano a volte tirato a volte no che spiazza lo spettatore e non gli permette di entrare nella giusta sintonia con la serie.
Peccato, perchè per il resto “Dov’è mia figlia?” conferma la tendenza italiana a saper raccontare bene i gialli dell’ultima frontiera, con storie a volte semplici ma capaci comunque di incuriosire. Quello che manca, per ora, è una solida capacità di saper unire le scene e rendere più accattivante il collage di situazioni e colpi di scena.
Rimandiamo “Dov’è mia figlia?”, dunque, alla prossima puntata, quando non ci sarà più tempo per temporeggiare e si dovrà fare ancora di più sul serio per conquistare definitivamente il pubblico.